21 ottobre 2016 ore: 17:56
Disabilità

Autismo, quattro concetti chiave per includere i bambini a scuola

"Il bambino con autismo e' sicuramente piu' complesso da integrare nel contesto sociale e scolastico perche' manifesta difficolta' sui tre pilastri principali del vivere insieme: difficolta' di comunicazione, difficolta' di interazione, diffi...
Ragazzino autistico di spalle

Ragazzino autistico di spalle

Roma - "Il bambino con autismo e' sicuramente piu' complesso da integrare nel contesto sociale e scolastico perche' manifesta difficolta' sui tre pilastri principali del vivere insieme: difficolta' di comunicazione, difficolta' di interazione, difficolota' a livello dei comportamenti ristretti e stereotipati. Tutto questo lo rende poco attrezzato per vivere in un contesto comune insieme agli altri. Allora chiedersi cosa possiamo fare quando dobbiamo pensare al processo di integrazione per un bambino che ha queste caratteristiche ci porta in primo luogo a porre al centro il concetto di inclusione". A dirlo al XVII convegno dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), in corso a Roma, e' Lucio Cottini, professore ordinario di didattica e pedagogia speciale presso l'Universita' di Udine

Secondo il docente "non si tratta solo di coinvolgere il bambino all'interno di un contesto gia' predisposto, la classe tipica, sperando che lui come ospite si trovi abbastanza bene. Bisogna prima di tutto modificare il contesto e far si' che sia il contesto stesso ad adattarsi a lui. L'inclusione- spiega il professore- va intesa come creazione di un ambiente nel quale un bambino con tali caratteristiche possa avere la possibilita' di esprimere le proprie potenzialita'". Sull'aspetto metodologico didattico "gli interventi possono essere raccolti all'interno di quattro principi chiave- afferma il professore- quattro parole di riferimento: la programmazione, l'organizzazione, la didattica speciale e i compagni".

Quando si parla di programmazione vuol dire che "non si puo' pensare a dei processi inclusivi per bambini con autismo senza avere prima un piano di riferimento preciso. Il programmare e' la condizione essenziale per essere flessibili- chiarisce Cottini-. Se ho un piano lo posso poi adattare in relazione ai feedback che provengono dal minore. In questo caso mi riferisco ad un concetto essenziale a livello scolastico: il dentro e il fuori. L'inclusione richiede lo stare all'interno del contesto scolastico, ma questo aspetto va visto come momento conclusivo del percorso. Un bambino cosi' poco imitativo come quello con autismo- ricorda Cottini- ha bisogno anche di momenti di insegnamento individualizzato che lo preparino a vivere adeguatamente in un contesto classe insieme ai suoi compagni".

"L'organizzazione- prosegue lo studioso- indica la necessita' che il contesto scuola si adatti a quelle che sono le esigenze di un minore con autismo. Un bambino che non sa leggere la situazione, interpretare l'ambiente, apprendere in maniera intuitiva, non potra' recepire da solo certe informazioni che dovranno quindi essergli trasmesse". Viene chiamata strutturazione dell'ambiente questa fase del lavoro: "Sfruttando le potenzialita' del bambino, ovvero quegli aspetti legati alla capacita' di apprendimento viso-spaziale, e' necessario che la classe si doti di una serie di indicazioni che gli forniscano informazioni circa il dove si fanno certe cose e sul cosa dovra' fare".

Un altro elemento su cui si e' soffermato al convegno dell'IdO il professor Cottini riguarda il tempo: "Non e' facile capire quando un bambino con disturbi dello spettro autistico finisca una cosa e poi ne cominci un'altra. Per questo motivo bisognera' proporgli tutta una serie di imput sonori, l'uso di una clessidra o di orologi adattati (una serie di stimolazioni visive) per consentirgli di capire cosa si fara' e dove e quando questa tipo di attivita' avra' fine. Tale lavoro riguarda sempre la seconda parola chiave che e' l'organizzazione dell'ambiente".

Il terzo elemento di riferimento e' invece legato alla tipologia di intervento da mettere in campo. "La ricerca pedagogica e le esperienze che si sono sviluppate in molti contesti sono in grado di dirci quali sono le strategie che riscontrano un maggior livello di affidabilita' e quali meno. Parliamo in particolare di interventi psico-educativi- sottolinea Cottini- perche' per l'autismo non esistono farmaci".

Infine, "bisogna cercare di coinvolgere al massimo i compagni di classe, che rappresentano delle risorse di grande rilievo. E anche qui l'aspetto didattico va in primo piano". Il coinvolgimento dei compagni "non avviene solo sulla base dell'appello ai buoni sentimenti. Bisogna mettere in campo azioni didattiche particolari per facilitare la conoscenza del deficit, il capire cosa ha il 'mio compagno' e cosa posso fare per aiutarlo. Ci sono, inoltre, altre azioni che vanno dall'insegnamento delle abilita' assertive, prosociali, all'utilizzo di strategie come il tutoring o il cooperative learning. Situazioni che aumentano la disponibilita' dei bambini nei confronti dei loro compagni e che si configurano come la creazione di un ambiente dove tutti poi finiscono per star meglio, sia dal punto di vista sociale che cognitico. Questi quattro concetti sono fondamentali: programmiamo, organizziamo l'ambiente, utilizziamo strategie adeguate e coinvolgiamo anche i compagni di classe per far star bene tutti a scuola- conclude il professore dell'Universita' di Udine- e offrire una possibilita' di miglioramento significativo ai nostri allievi che vivono la condizione dei disturbi dello spettro autistico". (DIRE)

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