8 settembre 2017 ore: 12:18
Salute

Azzardo, il Terzo settore non si fida del Piano di riordino del Governo

Il timore è che nella sostanza non cambi nulla. Don Zappolini (Mettiamoci in gioco): "Non è facile accontentarsi di piccoli passi come questo". Capitanucci (And e nuove dipendenze): "La riforma dovrebbe farla il ministero della Sanità. Il gioco d'azzardo è un problema di salute pubblica e non una questione di mercato"
Gioco d'azzardo, sala slot

MILANO - Il Piano di riordino del gioco d'azzardo, approvato ieri dalla Conferenza unificata Stato Regioni, non convince quelle realtà del terzo settore che ogni giorno incontrano e assistono le vittime della dipendenza da slot machine, gratta e vinci o altri giochi con vincite in denaro. C'è chi lo boccia totalmente e chi lo ritiene almeno un primo passo importante. Intransigenti o moderati sono però accomunati dal fatto che nutrono una certa diffidenza verso l'azione del Governo, temono che nella sostanza non cambi nulla.

"La mia impressione è che si tratta di un primo passo nella direzione giusta, sarebbe stato peggio se questa legislatura si fosse chiusa senza un accordo - spiega don Armando Zappolini, portavoce della campagna 'Mettiamoci in gioco' -. Conosciamo bene i drammi di migliaia di persone che ci sono dietro al gioco d'azzardo e non è facile accontentarsi di piccoli passi come questo Piano di riordino". Alla campagna Mettiamoci in gioco aderiscono oltre 30 sigle tra associazioni, sindacati e organizzazioni del terzo settore, tra le quali ci sono Acli, Arci, Libera, Cgil, Cisl, UIl, Azione cattolica, Gruppo Abele e Avviso Pubblico. "Il Piano prevede una riduzione del numero delle slot machine e dei punti di offerta dei giochi - aggiunge don Armando -. Non basta. Oltre all'offerta bisogna ridurre il consumo. E per arrivare a questo lo Stato deve essere deciso a ridurre sia il proprio guadagno sia quello delle società concessionarie del gioco d'azzardo. Altrimenti nei fatti avremo sempre persone e famiglie rovinate dai debiti da gioco".

Molto più duro è la valutazione di un altro gruppo di realtà del terzo settore, tra le quali la Consulta nazionale antiusura, Caritas Italiana e quella Ambrosiana, che hanno organizzato nei giorni scorsi a Milano il convegno "Istituzioni e azzardo in Italia" al quale ha partecipato anche il sottosegretario del Ministero dell'Economia, Pierpaolo Baretta, che ha la delega al gioco d'azzardo e che è l'artefice del Piano di riordino. "È un piano che non ci convince - ha più volte ripetuto in questi giorni mons. Alberto D'Urso, presidente della Consulta Antiusura -. Vengono ridotte le slot machine, ma non si toccano le videolottery, che sono capaci di incassare dieci volte di più di una slot machine. E poi non viene previsto nulla sulle altre tipologie di giochi d'azzardo. L'impressione è che alla fine il volume di gioco sarà lo stesso".

Per Daniela Capitanucci, presidente di And-Azzardo e nuove dipendenze, associazione che nella zona di Varese è molto attiva nel contrasto al fenomeno e nella cura dei giocatori patologici, è  l'impostazione di fondo del Piano ad essere sbagliata: "Si sta mettendo una pezza a una situazione caotica e che è sfuggita di mano. La riforma dovrebbe essere inquadrata nell'ambito della salute pubblica. Non dovrebbe farla il ministero dell'Economia, ma quella della Sanità. Con il Piano approvato dalla Conferenza Unificata ci si limita a regolare il mercato. Non si tutela che è vittima della dipendenza del gioco d'azzardo, non si prevedono investimenti per i centri si occupano di queste persone. Il gioco d'azzardo è un problema di salute pubblica e non una questione di mercato".

Il Piano di riordino del Governo ha avuto già una sua prima applicazione con il decreto del Ministero dell'Economia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo settembre, che prevede una riduzione del 34,9% delle slot machine. Dalle circa 407.323 in funzione oggi si scenderà a 264.674 entro il 30 aprile 2018. Il resto del Piano, approvato ieri dalla Conferenza Stato-Regioni, prevede inoltre anche una riduzione del 50%, nel giro di tre anni, dei punti di offerta del gioco: sono circa 100mila, tra bar, tabaccai, circoli, ristoranti, stabilimenti balneari, supermercati e sale da gioco. C'è poi il delicato capitolo del posizionamento dei punti di gioco e degli orari di apertura. In assenza di norme nazionali, in questi anni Regioni e Comuni hanno cercato di mettere paletti alla proliferazione delle sale da gioco, imponendo distanze dai luoghi sensibili come scuole, chiese, ospedali e orari di apertura. E hanno dovuto affrontare i ricorsi al Tar da parte dei gestori. Il Piano di Baretta salva questa autonomia degli enti locali e delle Regioni, che potranno quindi determinare dove è possibile aprire punti di gioco e con quali orari. (dp)

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