15 aprile 2013 ore: 14:45
Giustizia

Baby gang e violenza on line: in carcere sempre più minori di famiglie normali

L’allarme lanciato dal direttore generale del Dipartimento di giustizia minorile Pesarin: "Se esiste una devianza minorile è perché la società non ha attenzionato come si deve il bisogno dei giovani"
Roberto Caccuri/Contrasto Giovani e dipendenza da internet

Giovani e dipendenza da internet

ROMA – I ragazzi che affollano gli tstituti di pena minorili, non sono soltanto stranieri: stanno aumentano massicciamente i reati commessi da italiani minorenni, “non si tratta solo degli affiliati alla criminalità organizzata, ma sempre di più di minori provenienti da famiglie normali, perché stanno aumentando le baby gang, ma anche le violenze commesse attraverso i nuovi strumenti di comunicazione, come Facebook”. L’allarme è stato lanciato dal direttore generale del Dipartimento di giustizia minorile Serenella Pesarin, nel corso della presentazione oggi a Roma dei finalisti del premio letterario Goliarda Sapienza “Racconti dal carcere”, che quest’anno vede per la prima volta anche una sezione dedicata a “minori e giovani adulti”.
 
Secondo Pesarin rispetto a questi fenomeni non bisogna girare lo sguardo dall’altra parte: “ il bene comune è il risultato di logiche che diventano valore condiviso”. “Si dice sempre che i giovani sono il futuro del nostro paese – aggiunge – in realtà non è così: essi sono il nostro presente”. E “se esiste una devianza minorile è perché la società non ha attenzionato come si deve  il bisogno dei giovani”.
 
Anche il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, ha ricordato che negli istituti di pena ci sono moltissimi italiani, “che commettono reati più gravi dei non italiani”, e che oltre al sovraffollamento uno dei fenomeni da contrastare è la “recidiva, molto diffusa soprattutto tra i minori”. “Nelle 14 carceri del Lazio ci sono 7.200 detenuti mentre la loro capienza regolamentare è di 4.500-4.800. In un carcere così affollato i detenuti non conservano i loro diritti – afferma – Il problema fondamentale è la cultura: non si può pensare che la sicurezza dei cittadini sia assicurata solo dal carcere”. (ec)
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