Bambini e ragazzi con disturbo psichico, un fenomeno in crescita
ROMA – I disturbi psichici non sono solo un “problema da grandi”. Tanti e sempre di più sono i ragazzi e perfino i bambini che manifestano una sofferenza psichica: tra il 10 e il 20% della popolazione minorenne complessiva. “Le statistiche sono molto imprecise, ma idati di accesso alle Neuropsichiatrie infantili parlano chiaro – ci spiega Stefano Benzoni, neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta e consulente per la Fondazione IRCCS, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, tra i relatori del Convegno Erickson sui minori iniziato venerdì e in corso fino a domenica 11 novembre a Rimini,dal titolo “Prendiamoci cura di me”.
Nei Paesi “occidentali” assistiamo a una crescita graduale delle patologie psichiche (depressione infantile, disturbi bipolari, sindromi da iperattività, sofferenze cognitive, deficit di apprendimento). In Lombardia ad esempio tra il 2008 e il 2016, i bambini e gli adolescenti seguiti dalla Neuropsichiatria Infantile sono passati da circa 65.000 (il 4% della popolazione minorenne) a più di 114.000 (7%). Abbiamo chiesto a Stefano Benzoni, recentemente autore del volume “Figli fragili” (ed. Laterza) di spiegarci meglio quello che sta accadendo nella “testa” dei bambini e dei ragazzi.
La sofferenza psichica tra bambini e ragazzi è in aumento: di che dimensioni parliamo?
Parla chiaro il dato sugli accessi alle Neuropsichiatrie lombarde, dove gli utenti sono passati da 4 a 6-7%: una quota crescente di accesso alle cure ci indica quasi certamente un aumento della sofferenza. E va detto che gli accessi rappresentano una percentuale bassa rispetto al bisogno: sappiamo infatti che i minorenni con un disturbo psichico sono tra il 10 e il 20% della popolazione minorenne complessiva. L'aumento è particolarmente sensibile nella fascia 11-18 anni., come dimostra anche l'incremento dei ricoveri degli adolescenti per problemi psichiatrici acuti a Milano, sia nei reparti psichiatrici che nelle pediatrie.
Perché questo aumento?
Premetto che il problema riguarda la salute mentale in generale, non solo quella dei ragazzi: siamo di fronte a un livello di malessere crescente, che credo sia legato innanzitutto a un accelerazione delle trasformazioni sociali: un insieme di cambiamenti sociali che riguardano il funzionamento della società nel suo insieme che comporta un certo di tipo di alienazione. Anche i ragazzi risentono di queste distorsioni dell'assetto sociale: in particolare, per quanto riguarda i giovani, la trasformazione della famiglia, il maggior impegno lavorativo dei genitori, l'arretramento del sistema educativo, sia familiare che scolastico. Parallelamente, si impoveriscono anche le reti naturali di supporto, relegate alla sfera delle reti virtuali, che però generano tanti contatti ma poco supporto
Per tanti che accedono ai servizi, ce ne sono quindi molti che restano fuori, pur avendo bisogno. Da cosa dipende?
Da due fattori, principalmente primo, la scarsa informazione e anche la 'resistenza' delle famiglie; secondo, la gravissima carenza di risorse in ambito di neuropsichiatria infantile, denunciata anche con diversi appelli dalla Società italiana neuropsichiatra infantile. Un esempio: in una città come Milano, ad oggi non sono attivi letti di ricovero in Neuropsichiatria infantile, nonostante l'approvazione all'apertura. I bambini e i ragazzi con problemi psichiatrici acuti sono quindi ricoverati o in pediatria o in psichiatria adulti: reparti entrambi incapaci di tutelarli adeguatamente. Questo dice la drammatica carenza di risorse, evidenziata anche da liste d'attesa lunghissime e dal rapporto numerico tra utenti e medici dedicati: per capirci, se dovessimo calcolare questo rapporto numerico, risulterebbe che ogni neuropsichiatra infantile ha 5 ore l'anno da dedicare a ciascun suo utente. E' evidente che gran parte del bisogno resta senza risposta.
Quali sono i disturbi più diffusi tra bambini e ragazzi?
I disturbi dell'umore, variamente associati a problemi di comportamento e adattamento sociale. Non sono invece in aumento, contrariamente a quanto si dice, le diagnosi di Adhd, per le quali anzi l'Italia, con il suo 1,6%, è ben al di sotto della media europea (4%) e degli Stati Uniti (8%)
Come arrivano i bambini e i ragazzi ai servizi di neuropsichiatria?
Dipende dalla fascia d'età. Durante la scuola primaria, proprie le scuole hanno un grande ruolo nel segnalare il problema alle famiglie e metterle quindi in contatto con i servizi. Anche perché parliamo per lo più di problemi di rendimento scolastico. Successivamente, i problemi maggiori diventano la frequenza scolastica e il comportamento: sono quindi sopratutto le famiglie ad accompagnare i figli ai servizi
I ragazzi possono chiedere aiuto ai servizi anche autonomamente?
No, i minorenni possono accedere a Neuropsichiatria infantile solo con i genitori. L'accesso alle cure senza il consenso dei genitori è previsto solo per alcuni specifici trattamenti, come la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze, o la prevenzione e gestione di anticoncezionali e malattie sessualmente trasmissibili
I ragazzi stranieri accedono ai servizi?
Sì, abbiamo tanti utenti stranieri, accompagnati e non accompagnati, anche grazie a progetti dedicati. Va detto che spesso hanno storie per cui serve anche tanto lavoro sociale. Abbiamo un problema, molto serio e poco noto: quello dei ragazzi adottivi, che nelle comunità terapeutiche risultano presenti 10 volte di più rispetto ai ragazzi non adottivi. Questo significa che un figlio adottivo è molto più a rischio di sofferenza psichica acuta e istituzionalizzazione: dovremmo trarne delle conclusioni, soprattutto in tema di prevenzione
Per concludere, da dove iniziare per bloccare questo dilagare della sofferenza?
Si deve agire su tre livelli: primo, politico, con il riconoscimento che non c'è salute senza salute mentale e che, per promuovere la salute mentale nei ragazzi, bisogna investire su famiglia, educazione e sfera sanitaria. Secondo, i neuropsichiatri infantili devono impegnarsi a rimettere al centro del loro lavoro i valori delle famiglie e non i principi biomedici, implementando strategie di sistema strategie di lavoro partecipativo per famiglie e utenti, strategie di sistema e promuovendo pratiche centrate sulla valutazione dell'esito. Terzo, la famiglia: è necessario che questa sia resa partecipe nei percorsi di cura, che sia aiuta a non temerli, ma viverli come sistema collaborativo e partecipativo. (cl)