Bambini in carcere, Garante: "Serve una moratoria"
BOLOGNA – “Il bambino più grande manifestava i tipici segnali derivati dal permanere in un luogo assolutamente incompatibile con l’infanzia: forte stato di agitazione, pianto, angoscia e ribellione, pugni picchiati contro la porta della sala colloqui quando veniva chiusa. Fenomeni evidenti derivati dal contesto, nonostante il meritevole sforzo e impegno per minimizzare il trauma dei piccoli da parte delle agenti e la solidarietà e l’aiuto delle altre detenute”: Elisabetta Laganà, garante dei detenuti di Bologna, racconta così l’incontro con la madre entrata in Dozza in custodia cautelare lo scorso 3 marzo. Con lei, i due figli di 18 e 5 mesi. Domani la donna sarà di fronte al Tribunale del riesame: se otterrà i domiciliari potrà trasferirsi al campo sinto dove vive.
“La questione della presenza dei bambini in carcere va chiusa immediatamente”, continua Laganà, che ricorda come lo scorso luglio il ministro Orlando disse che entro il 2015 nessun bimbo sarebbe più stato dietro le sbarre. “È necessaria una moratoria, come è stato fatto con gli Opg: darsi una data di scadenza e lavorare per rispettarla”. La garante boccia il progetto che prevede la ristrutturazione di una parte della sezione femminile della Dozza per adibirla a nido: “Non è una soluzione: l’unica strada percorribile è che le mamme detenute sia accolte in case famiglia protette”.
A questo proposito, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha già dato piena disponibilità: ieri una delegazione ha incontrato Francesco Cascini, Capo dipartimento della Giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia. La richiesta avanzata è stata quella di inserire la mamma e i due bimbi in una casa protetta, e di seguire lo stesso percorso anche per gli altri 46 bambini che in Italia sono nella stessa situazione. “Non si possono allontanare questi figli dalle madri, così come non ci si può accontentare di soluzione come le carceri attenuate, le Icam”, spiega Giovanni Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni XXIII.
Anche secondo la garante la soluzione non è ricorrere alle Icam, gli istituti a custodia attenuata per detenute madri con prole fino a 3/6 anni: “L’anno scorso in Emilia-Romagna ci sono state 6 mamme detenute, di cui 3 in gravidanza. Che senso può avere aprire una struttura solo per loro? Peraltro una struttura comunque a carattere detentivo. Nessun senso”, bocciando, di fatto, anche la proposta del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri che, rispondendo a un’interrogazione della deputata Pd Gessica Rostellato, ha spiegato che le madri detenute dell’Emilia-Romagna saranno accolte dall’Icam di Venezia. Ferri ha aggiunto che sono già 4 gli Icam operativi, e si sta lavorando per realizzare altre 5 strutture: non solo, “per rispondere celermente all'obiettivo di consentire ai bambini di stare vicini alle madri detenute in un ambiente adatto alle loro esigenze, sono state istituite e sono già operative 19 sezioni nido in altrettanti penitenziari”. Insomma, una strategia opposta rispetto a quella promossa da Laganà.
Laganà che, però, raccoglie il sostegno di un nutrito numeri di parlamentari. “Ho predisposto, insieme con 42 senatori, un’interpellanza urgente al governo perché si renda effettiva la possibilità di trasferire questi bambini e le loro madri in case famiglia protette, come previsto dalla legge in vigore dal 2014”, spiega il senatore Pd Sergio Lo Giudice, membro della Commissione giustizia, che aggiunge: “È positiva l’intenzione del governo di accogliere presso l’Istituto a custodia attenuata di Venezia e non più alla Dozza di Bologna le detenute madri dell’Emilia Romagna, anche se la strada maestra rimane quella delle case famiglia protette”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche le parlamentari del Partito Democratico Sandra Zampa, Donata Lenzi e Marilena Fabbri: “È da respingere l’ipotesi della ristrutturazione di una parte del carcere bolognese per adibirla ad asilo nido: chiediamo che le risorse per questi lavori siano invece finalizzate alla ricerca e alla messa in ordine di strutture idonee all’accoglienza delle madri detenute”. (Ambra Notari)