9 aprile 2015 ore: 11:32
Immigrazione

Basilicata: braccianti stranieri in casolari abbandonati. Centrale la figura del "caporale"

Rapporto Terraingiusta. Quasi tutti con regolare permesso di soggiorno, ma ingaggiati dal caporale. Critiche le condizioni di vita nonostante l’istituzione di una task force della Regione a causa della tardiva apertura dei centri di accoglienza
Terraingiusta - copertina
Basilicata. Un lavoratore attende il furgone che lo riporterà nel casolare abbandonato dove vive - Foto: Medu/Settembre 2014
Terraingiusta -  lavoratore bracciante

ROMA - Un lavoro "grigio" e un caporalato che resiste, nonostante l'impegno della regione. In Basilicata è la raccolta del pomodoro a richiamare i lavoratori stagionali. Siamo nell'area a cavallo tra il Vulture e l'Alto Bradano. Qui, secondo il rapporto "Terraingiusta" realizzato dal Medu e presentato oggi a Roma, da agosto a ottobre arrivano molti lavoratori migranti. "Qui i lavoratori sono stagionali - spiega il rapporto -, il 96 per cento si sposterà a fine stagione. Più dell’80 per cento, inoltre, provengono dal Burkina Faso. Più di 8 su dieci sono in Italia da più di due anni. Quasi 4 su dieci da cinque anni. Il 70 per cento conosce l’italiano. Il 92 per cento ha un permesso di soggiorno".

Terraingiusta - copertina

Secondo le testimonianze raccolte da Medu, in Basilicata la gran parte dei lavoratori (92 per cento) è dotata di un regolare permesso di soggiorno ma, nella maggior parte dei casi, viene ancora ingaggiata attraverso la figura del caporale che trattiene 0,50 euro per ogni cassone di pomodori riempito. Una 'trattenuta' che pesa sulla retribuzione complessiva. "Nel primo periodo - la fase di preparazione dei terreni - il lavoro è retribuito 5 euro l’ora - spiega il rapporto -. Il salario medio giornaliero è in media di 36 euro (al lordo delle spese di trasporto di circa 5 euro). Nel secondo periodo - la fase di raccolta - il lavoro è pagato a cottimo 4,3 euro a cassone da 300 Kg. Il guadagno medio giornaliero oscilla tra 64,5 e 86 euro".
Lo racconta bene Hamadou, la cui testimonianza è stata raccolta dagli operatori Medu. "Sono nato nel ’77 in Burkina. Sono qui da quattro anni e ho sempre lavorato in campagna. Ora zappo e sistemo i campi prima della raccolta del pomodoro. Lavoro sei giorni alla settimana per circa otto ore al giorno. Mi hanno fatto il contratto agricolo per un mese, ma chi mi trova il lavoro è il capo nero. Mi pagano cinque euro l’ora per zappare e, un’ora di zappa ogni giorno, serve per pagare il trasporto per andare a lavorare”. 

Basilicata. Centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio. I container con i servizi igienici e le docce allestiti nel piazzale antistante al centro - Foto: Medu/Settembre 2014
Terraingiusta -  centro accoglienza San Gervaso

Per quel che riguarda i contributi, la maggior parte dei migranti ha anche dichiarato di non sapere quante giornate vengono effettivamente dichiarate ai fini contributivi dal datore di lavoro italiano. Come spiega Adam, 32 anni, del Sudan “Sono in Italia dal 2003, sono un rifugiato politico - ha raccontato agli operatori -. Mi hanno fatto un contratto, ma non credo verseranno i contributi. Quando ho finito qui vado a fare la raccolta delle olive in Sicilia, vicino a Palermo. Pagano 3,5-4 euro a cassetta. Lì saremo circa mille persone e il reclutamento si fa in piazza”. Infine, le condizioni di vita: per il 98 per cento dei lavoratori assistiti da Medu nel periodo di raccolta ci si ferma casolari abbandonati privi di acqua, servizi e elettricità "a causa della tardiva apertura dei centri di accoglienza di Palazzo San Gervasio e Venosa". Nel corso della scorsa stagione, infatti, la Regione Basilicata ha istituito una task force con l'obiettivo di far fronte alla grave carenza di tutele e di accoglienza dei lavoratori stagionali. "Nonostante ciò - spiega il rapporto -, sono rimaste assai critiche le condizioni di vita e di lavoro degli oltre mille braccianti stranieri provenienti per la gran parte dall’Africa sub-sahariana".

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