Befana solo per i bambini italiani, il garante: “No alla discriminazione"
ROMA - Anche il Garante regionale per le persone a rischio discriminazione del Friuli Venezia, Walter Citti, si scaglia contro la Befana per soli bambini italiani di Trieste. In una lettera inviata all’assessore Lorenzo Giorgio, Citti chiede non solo l’immediata rettifica pubblica di quanto diffuso su Facebook “poiché lo spazio dei social media è spazio di comunicazione pubblica, come ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza di Cassazione”, ma anche “la piena assicurazione che la distribuzione dei giochi usati per i bambini bisognosi, nell’ambito della manifestazione in oggetto, includerà anche famiglie e minori con cittadinanza straniera, regolarmente soggiornanti e residenti nel Comune di Trieste, senza discriminazioni fondate tra l’altro su nazionalità, elementi etnico-razziali o di credo religioso”.
Il garante esprime il suo “profondo rammarico” e ricorda che ogni amministrazione pubblica è “tenuta, nel suo operato, ad agire nel quadro dei principi e valori costituzionali fondamentali di uguaglianza e non discriminazione (art. 3 della Costituzione), così come di neutralità ed imparzialità (art. 97 della Costituzione), senza dunque operare distinzioni arbitrarie ed irragionevoli fondate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”. Il divieto di disparità di trattamento arbitrarie e dunque discriminatorie tra cittadini italiani e stranieri è previsto inoltre in precise disposizioni di legge, tra cui l’art. 43, co. 1, del Testo unico sull’ immigrazione (d.lgs. 286/1998), che prevede una sorta di clausola generale di non discriminazione, riprendendo quanto contenuto nell’art. 1 della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, firmata a New York in 7 marzo 1966 e ratificata dall’Italia con la legge 1.5.1975, n. 654.
Il Garante rileva, inoltre, come il decreto legislativo 215/2003 abbia recepito nell’ordinamento italiano la direttiva europea 2000/43, che vieta le discriminazioni fondate sull’elemento etnico-razziale: “anche nell’ambito dei beni e servizi offerti al pubblico – spiega -. Pertanto anche una donazione pubblica di giocattoli, se promossa o patrocinata da un Ente o da un’Amministrazione pubblica, deve conformarsi ai principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione e quindi deve rispettare le norme in materia di parità di trattamento e divieto di discriminazioni, senza che possa avere rilievo il fatto che la donazione venga materialmente effettuata da un’associazione privata che invochi eventualmente il principio di libertà di associazione”.
“La giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha inoltre chiarito che anche l’annuncio di una discriminazione costituisce un atto vietato di discriminazione – sottolinea ancora il garante -, nel momento in cui è idoneo a dissuadere fortemente i membri del gruppo collettivamente discriminato dall'avanzare la richiesta di accedere o avvalersi di un'opportunità, beneficio, bene o servizio offerto al pubblico, così come quando è suscettibile di contribuire alla diffusione, nell’opinione pubblica, di sentimenti di xenofobia, intolleranza, esclusione sociale e stigmatizzazione nei confronti della popolazione straniera, o di una minoranza etnica, che soggiorna legalmente sul territorio e deve ritenersi pienamente legittimata a sentirsi parte della comunità locale, con pari dignità sociale”.