Bimbo Down rifiutato al centro estivo. “Non volevo discriminare”
Ragazzini down con macchina fotografica
ROMA – E’ amareggiato e dispiaciuto, parla piano. Raggiunto al telefono, sulle prime dice di non voler parlare, ancora prima che gli si spieghi il motivo della chiamata. Dice di capire la rabbia del genitore. Dice però di essere oggetto di un giudizio sommario in cui non si riconosce, parla di linciaggio morale su Facebook (che non usa) e di caccia alle streghe incontrollabile. Racconta di aver ricevuto, in queste ore, attestati di solidarietà e di fiducia da chi, nella borgata Ottavia di Roma, lo conosce nella sua attività trentennale di allenatore di calcio e gli ha affidato i propri figli. Lui è il referente del centro estivo Ottavia, in via delle Canossiane, che l’altro giorno ha rifiutato Danilo, bambino Down, scatenando la rabbia dei genitori che hanno voluto rendere nota la vicenda.
box Quanto racconta su Facebook Andrea Mantovani, il padre di Danilo, è vero, ammette. “Io non me la sono sentita di prendermi questa responsabilità, di gestire la situazione di Danilo, perché serve una preparazione. Ho avuto anche il conforto di psicologi che mi dicono che servono operatori qualificati. Ma non volevo discriminare. Non sono razzista. Mi ritengo una persona onesta intellettualmente. Si mette in discussione la mia moralità, e chi ha tentato di difendermi nel web – perché mi conosce, perché ho cresciuto i loro figli – ha ricevuto insulti. Vorrei che la cosa si smorzasse…”.
Non ha per niente pensato che le sue parole andassero “oltre”, come dice. Anzi, rifarebbe “la stessa cosa”, ma stavolta “mi spiegherei meglio, non ho usato le parole giuste”. “Io non opero nel campo dei disabili, probabilmente è stata mancanza di sensibilità nei confronti del genitore, ma la cosa è stata strumentalizzata”. Cosa temeva che sarebbe successo, se Danilo avesse frequentato il centro estivo come tutti? In quella giornata che è stato ad Ottavia si è rivelato pericoloso per sé e per gli altri bambini? “Assolutamente no”, ma “io devo tutelare i bambini. Penso che anche altre strutture avranno lo stesso problema”. Temeva, il referente del centro estivo, che “riferissero a casa situazioni spiacevoli”. Per esempio, chiediamo cosa avrebbero potuto dire a suo avviso, visto che nell’arco di una giornata ha potuto vedere i comportamenti di Danilo. La risposta non la trova, ma cita un esempio che dovrebbe mostrare come le regole del campus sono uguali per tutti senza discriminazioni: “Alcuni ragazzi dicono le parolacce e io ho intimato di non dirle altrimenti vanno fuori”. (ep)