Boko Haram, per gli analisti africani è l’effetto di decenni di corruzione
Andy Spyra/laif/Contrasto
In esclusiva da News from Africa
NAIROBI – L’attacco di Boko Haram ad inizio gennaio, che ha causato quasi duemila vittime, è il chiaro segnale che l'Africa occidentale continuerà a lungo a subire le letali scorribande del gruppo di militanti islamici estremisti, che hanno già messo a soqquadro la nazione più popolosa dell'Africa attraverso una serie di bombardamenti, rapimenti e stragi. Boko Haram, che dal 2009 combatte per rovesciare il governo in Nigeria e instaurare una dittatura islamica, ha sferrato in rapida successione attacchi contro polizia, militari, politici, scuole, luoghi di culto, sedi di istituzioni pubbliche e civili. Secondo gli ultimi dati Boko Haram negli ultimi anni avrebbe ucciso circa 13 mila parsone e costretto alla fuga 300 mila.
Ma perché quest'organizzazione criminale continua a compiere incursioni impunita? Secondo gli esperti di politica africana, si tratta di un gruppo di ribelli che prende di mira la corruzione del governo, gli abusi delle forze di sicurezza, la crescente disparità economica interna. A loro avviso, il governo dovrebbe fare di più per combattere le lotte fra il nord musulmano e il sud cristiano. “L'affermazione di Boko Haram è il concretizzarsi degli impulsi estremisti che da tempo infestano la realtà sociale del nord della Nigeria” sostiene l'analista nigeriano Chris Ngwodo. “Il gruppo in sé è un effetto, non la causa; è la conseguenza di decenni di governi fallimentari ed élites criminali che hanno portato alla fine al caos sociale”.
Secondo Ngwodo, Boko Haram non può essere definito un gruppo di insurrezione né un'associazione criminale, bensì una manifestazione dello scontento verso governi mediocri e iniquità all'interno della società. La sua opinione è condivisa da Chris Okorigwe, ex professore di politica all'università nigeriana di Ahmadou Bello: “Le forze armate in Nigeria contano circa 130 mila uomini, per cui avrebbero le risorse necessarie. Tuttavia la corruzione e l'inefficiente politica interna costituiscono un considerevole ostacolo. È paradossale come essi siano stati riconosciuti da tutto il mondo come portatori di pace in Sierra Leone e Liberia, ma non riescano a far nulla contro i crudeli ribelli di Boko Haram”, valuta Okorigwe.
Sebbene inizialmente gli attacchi fossero concentrati nella zona di Maiduguri, capitale dello stato nordorientale del Borno, dove il gruppo è nato nel 2002, in seguito si sono estesi ad altre città e di recente a villaggi più piccoli. Gli esperti ora spronano i governi africani ad attuare misure drastiche per evitare che il gruppo di ribelli diventi una minaccia per l’intero continente, che gli eserciti africani potrebbero avere difficoltà a sconfiggere. Va ricordato che recentemente gli estremisti nigeriani hanno fatto incursione in Camerun, depredando due villaggi e rapendo circa 80 persone. Virginia Comolli, autrice del libro Boko Haram: Nigeria's Islamist Insurgency, puntualizza che “le forze armate camerunensi si sono dimostrate reattive nel respingere Boko Haram, e il governo del Camerun si è lamentato con quello nigeriano per non aver fatto abbastanza”.
Il presidente della commissione dell'Unione Africana Dlamini-Zuma ha richiesto che gli stati africani agiscano velocemente e tutti insieme frenino la minaccia costituita dal gruppo di militanti islamici in Nigeria: “Le scorrerie oltre confine in Camerun hanno mostrato che tipo di pericolo rappresenta Boko Haram”. Riguardo alle recenti stragi alcuni osservatori fanno notare la scarsa solidarietà da parte dei leader mondiali ogni volta che l'Africa è teatro di attacchi. “In Francia 1,6 milioni di persone hanno marciato per dodici vittime. Con questa proporzione in Nigeria avrebbe dovuto marciare tutto il mondo” fa osservare Trevor Noah, un comico sudafricano molto amato: “A volte sembra che l'Africa sia la Las Vegas del terrorismo islamico: quello che succede in Africa, resta in Africa”. Trevor sottolinea che neanche un rappresentante di stato si è recato in Nigeria dopo gli attacchi di gennaio.
Amnesty International mette in guardia dalla mancata protezione di migliaia di civili, avvertendo che potrebbe portare a una crisi umanitaria, date le dimensioni delle ultime due stragi in Nigeria (Maiduguri e la vicina Monguno). “Questi persistenti attacchi di Boko Haram sono una costante orrenda notizia. Riteniamo che centinaia di civili siano enormemente a rischio”, dichiara Belay, direttore di Amnesty International in Africa: “Le persone nei pressi di Maiduguri hanno bisogno di protezione immediata. Se i militari non riescono a fermare l'avanzata di Boko Haram, potrebbero non avere modi per salvarsi”.
Altri analisti se la prendono con il presidente Goodluck Jonathan per il suo approccio rilassato nel contenere Boko Haram. Quando più di 200 scolare sono state rapite lo scorso anno, invece di reagire immediatamente ha esitato per quasi due settimane sostenendo che non c'era stato nessun rapimento, ma si trattava di un complotto dei suoi oppositori per screditarlo. Spesso ha scrollato le spalle di fronte alle stragi di Boko Haram chiamandole “l'inevitabile versione locale della jihad globale”, facendo capire che centinaia di civili che vengono uccisi ogni settimana debbano essere considerati una cosa normale. È per questi episodi che le aree ridotte peggio ripongono tutta la speranza in Muhammadu Buhari, il principale candidato dell'opposizione che sfiderà Jonathan nelle elezioni di marzo. Buhari, un ex generale e capo militare, è considerato al momento l'unico in grado di porre fine all'incubo Boko Haram. Boko Haram è stata fondata nel 2002 a Maiduguri, capitale dello stato nordorientale del Borno, dall'autorità religiosa Mohammed Yusuf. L'organizzazione punta a instaurare in Nigeria una dittaura islamica, con tanto di sharia - legge islamica - nei tribunali per giustiziare gli infedeli. Circa 1.7 milioni di persone vivono in quello che per ora Boko Haram ha dichiarato il proprio “califfato”.