Bologna, apre l’hub regionale per i minori stranieri non accompagnati
Ex Scuole Merlani in via Siepelunga |
BOLOGNA – Hanno 16/17 anni, provengono da Gambia, Senegal, Egitto, Mali, Nigeria, Bangladesh e sono arrivati in Italia, da soli. Sono i 30 ragazzi accolti nelle ex Scuole Merlani in via Siepelunga, una delle strutture che il comune di Bologna ha scelto per realizzare un ‘hub’ di accoglienza per minori stranieri non accompagnati. In totale l’hub prevede una disponibilità di 50 posti, di cui 37 alle Scuole Merlani, 10 alla comunità di prima accoglienza Il Ponte e 3 alla comunità di prima accoglienza Ginestra. Inagurata oggi, le ex Scuole Merlani accolgono 30 ragazzi. Fino a qualche mese fa, la struttura era stata data dal Comune in autogestione a un gruppo di profughi dell’Emergenza Nord Africa ed è completamente ristrutturata. “Siamo molto contenti per l’apertura di questo hub per minori – ha detto Amelia Frascaroli, assessore al Welfare del comune di Bologna, presente all’inaugurazione – I numeri dei minori non accompagnati non sono alti ma importanti ed era inconcepibile che non potessero avere uno spazio di prima accoglienza dedicato, così come accade per gli adulti con l’hub realizzato all’interno dell’ex Cie di via Mattei”. L’occasione si è presentata con il bando del ministero del’Interno sul miglioramento delle capacità di accoglienza del territorio italiano dei minori stranieri arrivati nel nostro Paese da soli. Bando a cui il Comune ha partecipato insieme ad Asp e al consorzio Indaco. “La rete ha funzionato e nonostante i tempi brevi siamo riusciti a realizzare il progetto – ha proseguito Frascaroli – Questa struttura è una scelta di civiltà”.
L'interno della struttura |
I ragazzi sono arrivati a scaglioni, alcuni sono nella struttura dal 23 marzo e vi sono stati trasferiti dall’hub di via Mattei altri sono stati prelevati a Reggio Calabria dopo che una struttura di accoglienza ha chiuso e il ministero ha chiesto alla Regione di accoglierli. Arrivano principalmente dall’Africa e alcuni dal Bangladesh. Hanno attraversato il Mediterraneo su un barcone e sono stati recuperati grazie a Mare Nostrum, prima, e Triton, poi. Oggi la loro giornata tipo si divide tra lezioni di italiano e di alfabetizzazione, un aiuto alla gestione della struttura (cucina, pulizia, lavanderia) e incontri con mediatori culturali e assistenti legali. “L’obiettivo finale – spiega Francesco Camisotti, coordinatore del progetto per la cooperativa Camelot, insieme a Giulia Foresti – è che riescano a chiedere l’asilo e ad entrare in un percorso di accoglienza Sprar una volta usciti da qui”. Nell’hub i ragazzi possono rimanere per un periodo di 60 giorni, prolungabile di 30, quindi per 3 mesi al massimo. “Durante questo periodo è come se scattassimo una fotografia del minore – continua Camisotti – Cerchiamo di capire quali sono i suoi talenti, che competenze ha e qual è la sua situazione clinica. E cerchiamo di elaborare per ognuno di loro un percorso di seconda accoglienza”.
Il progetto di accoglienza nell’hub dura 9 mesi (dal 20 marzo al 20 dicembre) e considerando una permanenza media tra 60 e 90 giorni dovrebbe garantire l’accoglienza a circa 200 minori.
Oltre a cercare di costruire per i ragazzi percorsi di accoglienza di secondo livello, nell’hub si cerca di capire se c’è la possibilità di un ricongiungimento con la famiglia. “Qualcuno si rifiuta di prendere contatti con i parenti – spiega Marco Calisto, consulente legale del progetto – Altri chiedono solo aiuto per far sapere alla famiglia che sono arrivati sani e salvi in Italia. C’è un ragazzo della Guinea Equatoriale che vorrebbe raggiungere una zia in Belgio, stiamo lavorando per capire se è plausibile pensare a un ricongiungimento”. (Ambra Notari - lp)