Bologna, under 40 precari e lavoratori in nero: come difendere i loro diritti?
BOLOGNA – Quali sono le condizioni di lavoro degli under 40 del territorio bolognese? Quali difficoltà incontrano? E che ruolo può avere il sindacato oggi, per aiutarli nel processo di ricerca di un’autonomia economica? La Cgil di Bologna, in collaborazione con il centro studi Ires, lancia la ricerca “Mercato del lavoro e under 40 sotto le due Torri”, con un questionario rivolto ai giovani per comprendere le caratteristiche del loro lavoro, il livello di responsabilità e il clima nel posto di lavoro, la congruenza tra le competenze possedute e i percorsi di studio, e la gestione del lavoro con gli impegni famigliari. L’indagine è rivolta a un ampio spettro di lavoratori, subordinati e non: occupati a termine, a tempo indeterminato, contratti a progetto, cococo, stagisti, tirocinanti o titolari di borse lavoro, fino a chi si arrabatta fra mille lavoretti, o a chi lavora in nero.
“Come sindacato ci occupiamo sempre di più dei lavoratori garantiti, che troviamo sui luoghi di lavoro, o dei pensionati, una categoria molto rappresentata, ma ci sfugge tutto il rapporto con il precariato – commenta Luana Rocchi, segretaria confederale della Camera del Lavoro di Bologna –. Con i lavoratori precari, se va bene abbiamo un rapporto a intermittenza, se va male non ce l’abbiamo proprio. Così finiamo per non avere una visione complessiva, il che ci impedisce di mettere in atto delle politiche efficaci”.
I dati statistici, continua Rocchi, parlano chiaro: nella Città metropolitana di Bologna, nel 2016 il reddito medio annuo era di circa 17 mila euro per la fascia fino a 39 anni, mentre per la fascia 40-64 anni aumentava a 30.690 euro, per poi riscendere a 25.800 euro per gli over 65. “Ci sarà una ragione per cui le donne decidono di avere figli in media intorno ai 33 anni? Ci sarà una ragione per cui le coppie si sposano sempre meno, e sempre più tardi? – si chiede –. È evidente che per i giovani c’è una grande difficoltà a pensare a un progetto di vita, a guardare al futuro”.
Con l’emergenza Covid-19, poi, la situazione è peggiorata ulteriormente. Le persone che hanno chiesto il bonus spesa nella Città metropolitana di Bologna sono state circa 21.700: di queste, solo il 17 per cento era conosciuto dai servizi sociali. “Tutti gli altri che cosa facevano prima? Che attività avevano? – continua Rocchi –. Probabilmente si tratta in buona parte di lavoratori autonomi, quelli che hanno preso dal governo i famosi 600 euro e poi i 1.000, una cifra importante ma che continua a non essere sufficiente, quando devi pagare l’affitto e tutte le spese. I più colpiti, come sempre, sono i giovani e le donne”.
Il questionario, accessibile online sulla piattaforma SurveyMonkey, è aperto a persone che vivono in tutta Italia, mantenendo un particolare focus su Bologna. Ad aprile si procederà all’elaborazione dei dati e alla presentazione alla città. “L’idea è: come facciamo a produrre politiche e azioni che siano utili ai giovani, ai precari, a chi non ha ancora potuto realizzare il proprio progetto di vita? – conclude Rocchi –. Il sindacato ha più difficoltà di far entrare operativamente le persone giovani, perché i giovani non hanno un rapporto di lavoro costante. Ecco perché una domanda cruciale del questionario è: quando hai un problema sul posto di lavoro, a chi ti rivolgi? Sappiamo che oggi molti giovani chiedono aiuto al proprio commercialista o all’avvocato; i rider per avere più diritti si sono appellati al Comune di Bologna. Pochissimi pensano al sindacato. Veniamo omologati ai partiti politici, come se fossimo semplici erogatori di servizi. Dobbiamo riuscire invece a trovare nuove forme di coinvolgimento delle nuove generazioni, e immaginare un altro futuro: in questo il dialogo con i giovani è uno stimolo imprescindibile”.