Boom di richieste agli avvocati che aiutano chi vive in strada
BOLOGNA – Nel 2016 i 900 volontari di Avvocato di strada hanno aperto 3.703 pratiche, "numero mai raggiunto negli anni precedenti". Ognuna di esse richiede un carico di lavoro diverso: qualcuna si risolve in un colloquio, altre richiedono lettere e telefonate, altre ancora anni di lavoro. Attribuendo in media 10 ore per ogni pratica con un costo orario di 70 euro si arriva a quasi 2,6 milioni di euro. “Una cifra che i nostri volontari lo scorso anno hanno donato alla collettività mettendosi a disposizione degli ultimi”, scrive l’associazione nel Bilancio 2016. Nata a Bologna nel 2000 l’associazione Avvocato di strada oggi è presente in 44 città italiane (le ultime sedi aperte sono quelle di Mantova, Viterbo e Cosenza nel 2016) con 900 volontari tra avvocati professionisti, studenti di giurisprudenza, pensionati, cittadini e anche giovani in Servizio civile grazie al progetto “Al servizio dei più deboli” avviato nel 2015.
Le pratiche più frequenti? Crescono quelle di diritto amministrativo (più del doppio rispetto al 2015), come quelle relative alle sanzioni sui bus per mancanza di biglietto. In leggero calo quelle su diritti dei migranti, diritto penale e diritto civile, tra queste ultime le più diffuse sono quelle legate alla questione della residenza, sfratti, separazioni e divorzi. “Numeri alti che confermano quanto troppo spesso il fallimento di un matrimonio possa portare, soprattutto in assenza di una rete stabile e di interventi adeguati nel welfare, a situazioni di estrema povertà”. Tra gli assistiti prevalgono le persone originarie di Paesi extraUe (1.932 pari al 52 per cento del totale). Gli italiani sono stati 1.111 (il 30 per cento del totale), erano 729 nel 2012. Sono stati 660 (il 18 per cento del totale) i cittadini stranieri originari di un Paese Ue assistiti, erano 452 nel 2015. Costante la percentuale di donne e uomini assistiti: nel 2016 le donne sono state 1.086 pari al 29 per cento del totale (erano 767 nel 2011, pari al 30%) e gli uomini 2.617 pari al 71 per cento del totale (erano 1.808 nel 2011, il 70%).
Diritto alla residenza, sfratti e locazioni, diritto del lavoro, separazioni e divorzi, pensioni e invalidità, assistenza sociale, debiti, diritto alla casa, procedure esecutive per mancato pagamento di imposte, diritto al mantenimento, alimenti e assegno divorzile, successioni e problematiche ereditarie, sinistri stradali, potestà genitoriale, crediti, ricerca di parenti in vita, diritto allo studio. Sono le 1.377 pratiche di diritto civile aperte dagli avvocati di strada nel 2016 (pari al 37 per cento del totale). “Colpisce anche il dato relativo alle successioni e alle problematiche ereditarie, 30 nel 2016: in tutti questi casi, abbiamo tutelato, spesso con successo, persone che erano state dimenticate dalle proprie famiglie e alle quali era stato negato il diritto all’eredità che, nella maggior parte dei casi, li avrebbe aiutati a uscire dalla strada”. Da segnalare anche 8 casi relativi alla ricerca di parenti ancora in vita, “un problema molto sentito dalle persone che, dopo anni di vita in strada, hanno perso completamente il contatto con la famiglia di origine. Un primo riavvicinamento può essere decisivo per fare un passo verso una nuova vita”.
Nel 2016 sono state 1.052 le pratiche di diritto amministrativo (il 28 per cento dell’attività di Avvocato di strada). Il dato che sovrasta gli altri è quello relativo alle sanzioni per mancanza di titolo di viaggio sui mezzi pubblici: sono passate dalle 305 del 2015 alle 874 del 2016. “Queste sanzioni, inflitte a persone che prive di mezzi propri si spostano in autobus per raggiungere mense e dormitori, possono essere deleterie – scrive l’associazione – Le multe che non vengono pagate aumentano negli anni e le cifre possono salire molto, fino a costituire debiti di migliaia di euro, una cifra inaffrontabile per chi vive in strada e un ostacolo insormontabile per chi vorrebbe tornare a una vita comune”. Altra problematica è quella delle cartelle esattoriali, 61 le pratiche (il doppio rispetto al 2015). “Continua a essere alto inoltre il numero di fogli di via notificati alle persone senza dimora perché si allontanino dalle città dove vivono: una misura inutilmente punitiva per persone che non sono pericolose e che, dal momento che un ricorso contro un foglio di via costa centinaia di euro, in molti casi non possono neanche opporvisi”.
I casi relativi ai diritti dei migranti sono stati 906 (il 25 per cento del totale). Il dato più alto riguarda le pratiche per il permesso di soggiorno (506). In calo quelle relative alla protezione internazionale, passate dalle 407 del 2015 alle 282 del 2016. “Le pratiche di diritto dei migranti sono state trattate in percentuale uniforme dalle nostri sedi - scrive Avvocato di strada - Segno che le lacune in materia di diritto d’asilo sono diffuse a livello nazionale e coinvolgono in maniera trasversale tutte le figure professionali interessate”. Sono state 41 quelle sui decreti di espulsione, 40 quelle per l’ottenimento della cittadinanza italiana, “anche se ci sono stati stranieri regolarmente soggiornanti in Italia da almeno 10 anni sono sempre molti quelli che rimangono ai margini e faticano a ottenere un riconoscimento dovuto”.
Le pratiche di diritto penale sono state 368 (il 10 per cento del totale). Costante il numero di richieste di pene alternative alla detenzione (passate da 51 a 45). “Le persone senza dimora a oggi difficilmente possono ottenere una pena alternativa al carcere poiché è necessario dichiarare un domicilio e il giudice dovrà tenere conto nell’ambito della sua decisione dell’idoneità del domicilio stesso – scrive l’associazione – Si verifica così un caso di discriminazione di chi non ha una casa che, oltre a essere escluso dall’applicazione di molti istituti di diritto penitenziario perché privo di rete familiare e domicilio, è costretto a scontare in carcere pene per cui la legge prevederebbe la possibilità di una misura meno afflittiva”. Le vittime di offese e minacce tutelate da Avvocato di strada sono state 49, “un numero rilevante che conferma quanto ripetiamo ogni volta: il luogo comune secondo il quale le persone che vivono in strada sono pericolose e dedite alla delinquenza non ha riscontri nella realtà. I nostri dati dimostrano che chi vive in strada non è tanto autore, quanto vittima di atti di aggressione, minacce e molestie”. (lp)