Braccianti stagionali, per Rosarno e Gioia Tauro è di nuovo emergenza
ROMA - Disastrose. E’ questo l’aggettivo più adatto a descrivere le condizioni abitative, igienico-sanitarie e lavorative delle migliaia di migranti che ogni anno giungono nella Piana di Gioia Tauro per la stagione della raccolta degli agrumi. E nulla sembra migliorare. E' quanto emerge dall'indagine socio-sanitaria realizzata da Medu (Medici per i diritti umani), nell'ambito del progetto "Terra giusta". Nelle baraccopoli e nei casolari abbandonati dei comuni di Rosarno, San Ferdinando, Rizziconi e Taurianova, la clinica mobile dell'associazione, in un solo mese, ha dovuto prestare assistenza ad oltre 150 braccianti, vittime della mancanza dei servizi fondamentali.
boxIn occasione della stagione agrumicola (che interessa annualmente il periodo novembre – marzo), giungono ogni anno nella Piana di Gioia Tauro oltre 2.000 braccianti, per la maggior parte sub-sahariani. Nonostante nei territori dei comuni di Rosarno, San Ferdinando, Gioia Tauro, Rizziconi e Taurianova il fenomeno si ripeta ormai da anni con le medesime caratteristiche, le condizioni di lavoro e di accoglienza di questi migranti - sulle cui spalle si regge letteralmente gran parte del comparto agricolo della Piana - continuano ad essere devastanti. Poco o nulla sembra essere cambiato rispetto alle condizioni materiali e ambientali che costituirono l’humus dei drammatici fatti di Rosarno del 2010.
I dati di un dramma. I braccianti della Piana sono per lo più di giovani uomini – l’80% ha un’età inferiore ai 35 anni - provenienti nella maggior parte dei casi da Burkina Faso, Mali, Ghana, Costa d’Avorio e Senegal. In oltre il 70% dei casi i pazienti possedevano un regolare permesso di soggiorno e quasi la metà (45%) era titolare di un permesso per protezione internazionale o per motivi umanitari. Il 95% di essi è in Italia da oltre due anni mentre il 68% ha una conoscenza sufficiente o buona della lingua italiana. L’89 % lavora in nero e il 64% percepisce in media 25 euro per un giorno di lavoro o anche meno. Quasi la metà dei migranti (46%) non riesce a lavorare più di tre giorni alla settimana per turni che sono in genere di 7-8 ore giornaliere anche se un lavoratore su quattro ha dichiarato di lavorare anche 9-10 ore al giorno. Un terzo dei migranti visitati dai medici di Medu riesce a consumare solo due pasti al giorno mentre la maggior parte delle malattie diagnosticate, in una popolazione giovane e sostanzialmente sana, è legata alle pessime condizioni abitative ed igienico-sanitarie e alle durissime condizioni di lavoro. Tutti i migranti intervistati dispongono di guanti come presidio di sicurezza durante il lavoro mentre solo il 29% fa anche uso di scarpe anti-infortunistiche. Nel 97% dei casi i braccianti devono acquistare per proprio conto i presidi di sicurezza poiché questi non vengono forniti dai datori di lavoro. (Francesco Sabbatucci)