Braille, l'Istituto dei ciechi: "Permette il miglior apprendimento"
MILANO – Negli anni Novanta si pensava che fosse una forma di scrittura vecchia. "Invece il braille continua ad essere la forma di scrittura che permette l'apprendimento migliore per i non vedenti". Lo sostiene Rodolfo Masto, Commissario Straordinario Istituto dei Ciechi di Milano Presidente Unione Italiana Ciechi di Milano. Domani, 21 febbraio, si celebra la settima giornata nazionale del braille e l'Istituto dei ciechi lo fa con un convegno a cui partecipano, tra gli altri, il giornalista del Corriere della sera Gianatonio Stella e Roobi Roobi, studentessa italiana di origine pakistana di Castano Primo che con un saggio sul linguaggio braille si è aggiudicata il premio Braille 2013 dell’European Blind Union (EBU). "Il messaggio che vogliamo dare ai non vedenti e alle loro famiglie con questa giornata è che il braille non va trascurato come forma di apprendimento. Il cervello ha paura del buio. Il braille aiuta a colmare questo vuoto lasciato dall'assenza della vista", commenta Masto.
Questa forma di scrittura è entrata per la prima volta in Italia proprio all'Istituto dei ciechi di Milano. Era il 1864. Un ragazzo appena arrivato da Marsiglia ricevette una lettera scritta in quello strano modo. "All'inizio – racconta Masto – quel ragazzo era visto con sospetto, nessuno sapeva cosa ci fosse scritto". Poi, una volta compresa la portata di quello strumento, è stato chiesto al neo arrivato di insegnare a leggere e scrivere in braille. Oggi sono 250 nella sola Lombardia i ragazzi seguiti dall'Istituto dei ciechi nell'apprendimento di questa forma di scrittura. A questi si aggiungono gli adulti che ogni mercoledì seguono i corsi organizzati dall'Unione italiana ciechi. In provincia di Milano tra ipovedenti e ciechi ci sono 180 ragazzi. (lb)