30 giugno 2023 ore: 09:00
Società

Cagliari, la Caritas che promuove il protagonismo delle persone

di Stefano Caredda
In una grande area metropolitana, i servizi della Caritas diocesana aiutano migliaia di persone e famiglie: fra le iniziative da rimarcare il supporto all’imprenditorialità con la valorizzazione del territorio e dei prodotti locali e l’attenzione ai detenuti
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CAGLIARI - Un comune da 150 mila abitanti, una città metropolitana che ne ha 420 mila, una Caritas diocesana che arriva a 570 mila, estendendosi per 69 comuni su un territorio di oltre 4.000 chilometri quadrati. E che si fa sempre più attenta alle persone cercando nuove strade per rispondere ai bisogni di chi fa maggiore fatica e ha bisogno di sostegno e aiuto. La città di Cagliari (Casteddu in lingua sarda, Caralis nella sua antica denominazione latina) ha una storia plurimillenaria e una geografia altrettanto affascinante: al centro del golfo degli Angeli, si sviluppa intorno a sette colli, il più conosciuto dei quali è diventato lo storico quartiere di Castello.

Siamo in città in occasione del quinto appuntamento del ciclo di seminari “Raccontare il territorio”, organizzato dall'Ordine dei giornalisti della Sardegna, dalla Caritas Sardegna e da Redattore Sociale: un viaggio a tappe in diverse diocesi dell’isola per approfondire alcuni fenomeni sociali che interessano queste zone e che, dopo il primo appuntamento di Tempio Pausania sulla sanità, il secondo di Oristano sul tema degli anziani e della “silver economy”, il terzo a Ozieri per riflettere sulla disabilità, il quarto a San Gavino Monreale per affrontare il tema dell’educazione e del contrasto alla povertà educativa, ci porta ora a Cagliari per parlare di lavoro e in particolare del lavoro che verrà.

Come per ogni Caritas diocesana, anche a Cagliari l’impegno è quello di rispondere alle tante richieste di aiuto tramite numerosi e articolati servizi, che possono operare grazie all’attività di centinaia di volontari. Una media di 16 mila persone in difficoltà sono assistite all’interno del territorio diocesano, alle quali si aggiungono poi le persone aiutate dalle tante Caritas parrocchiali. L’ampiezza dei servizi varia dai tradizionali Centri di Ascolto diocesano (nelle sue articolazioni specifiche rivolto anche agli stranieri, ai detenuti del carcere, alle vittime di tratta incontrate in strada) fino alle strutture di accoglienza (senza dimora, ma anche famiglie e richiedenti asilo) e poi la mensa, la mediazione culturale, lo sportello legale, quello psicologico, i servizi anti-usura, l’assistenza di carattere sanitario e farmaceutico con l’Ambulatorio poli-specialistico, e così via. Fra i tanti racconti che si potrebbero fare, quello sulle attività a favore dei profughi ucraini giunti anche in Sardegna; quelle per l’inserimento sociale, scolastico e lavorativo delle popolazioni rom e sinti; quello per il contrasto alla povertà energetica; quello sul microcredito per consentire con un prestito l’avvio di un’attività lavorativa imprenditoriale; quella della casa di accoglienza “Leila Orrù – De Martini”, un appartamento in centro a Cagliari che ospita detenute e detenuti che usufruiscono di permessi premio e che per diversi motivi non possono far riferimento al loro domicilio.

Servizi accorpati, come quelli del Centro diocesano di assistenza (magazzino, confezionamento e distribuzione pacchi viveri, amministrazione, farmacia), e servizi specifici e perfino nascosti come quello conosciuto come “orti sociali in carcere”, incentrato sul suolo del carcere di Uta, della colonia penale di Isili e delle altre strutture in cui le colture sono ben avviate e i raccolti fra bietole, melanzane, pomodori, cavoli, cipolle, cetrioli, peperoni, zucchine, e via dicendo, si contano nell’ordine delle tonnellate (una quindicina sull’anno). Prodotti che poi finiscono anche nelle cucine della mensa Caritas e nei piatti degli ospiti.  

A proposito degli interventi rivolti verso una specifica direzione per raggiungere – con la collaborazione delle altre realtà del territorio – obiettivi precisi, ecco l’esempio delle iniziative di supporto portate avanti attraverso l’impresa sociale “Lavoro insieme”: una su tutte, il cosiddetto Progetto Gerrei, un’iniziativa a sostegno dello sviluppo economico e sociale di un territorio dell’area sud-orientale della Sardegna caratterizzato da condizioni di isolamento che ne determinano un costante spopolamento: qui con la selezione di alcuni giovani aspiranti imprenditori si è avviato un primo tessuto di microimprese che valorizzano le produzioni tipiche locali anche grazie ad un opportuno accompagnamento su un mercato ben più ampio di quello al quale sarebbero costretto dal condizionamento geografico. Il tutto con un’attenzione specifica a processi di coltivazione rispettosi dell’ambiente e naturalmente con la finalità anche di promuovere l’inclusione sociale e lavorativa di soggetti svantaggiati e appartenenti a fasce deboli.

Anche il Gerrei fa parte del più ampio progetto “Terre Ritrovate”, partito con un protocollo d’intesa fra la Caritas di Cagliari e l’Agenzia regionale per l’agricoltura (Agris) per la valorizzazione della filiera corta del grano duro, mirando al recupero di territori abbandonati e ora “ritrovati” e nutriti grazie all’impiego di un concime organico di origine biologica. Una filiera etica caratterizzata dalla trasformazione del grano in prodotti finiti, dal pane alla pasta, con garanzia di qualità e salubrità, che sfocia anche nella commercializzazione on-line sul portale dedicato di Terre Ritrovate: potete trovare e ricevere a casa i prodotti del territorio (compresi formaggi, vini e confetture) e al tempo stesso conoscere le storie dei produttori.

“Il protagonismo delle persone – dice il direttore della Caritas di Cagliari, don Marco Lai – va sempre più sollecitato e accompagnato nelle sue potenzialità: i nostri poveri, accolti nei dormitori, sostenuti dalle nostre progettualità, intercettati dai nostri servizi, sono spesso i primi che si mettono in gioco nel volontariato, nel servizio al prossimo, desiderosi di ricambiare l’aiuto ricevuto e di rendersi utili. Il nostro è un cammino comune, che sperimenta la fatica dell’accogliere e del donarsi, la speranza, la capacità di non arrendersi di fronte alle fragilità e debolezze, e che ci permette di riscoprire e vivere, tutti assieme, la dimensione della relazione e della prossimità”.

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