28 gennaio 2015 ore: 16:51
Non profit

Cambia l’articolo uno: la riforma porterà un “codice del terzo settore”

La Commissione Affari sociali della Camera approva gli emendamenti al primo articolo del ddl delega: riformulata ancora la definizione di “terzo settore”, si prevede un apposito codice per il riordino e la revisione della disciplina del settore
Riforma terzo settore, freccia

ROMA – Primo risultato concreto per la Commissione Affari sociali impegnata a Montecitorio nell’esame del disegno di legge delega di riforma del terzo settore: sono stati infatti approvati alcuni emendamenti che modificano il primo articolo del testo, quello che definisce la portata generale del provvedimento. Il nuovo articolo 1, in particolare, modifica la definizione di “terzo settore” che compariva nel testo presentato nel luglio 2014 dal governo: ne viene fuori una definizione più equilibrata, che raccoglie i suggerimenti arrivati dal mondo del terzo settore e che fotografa gli aspetti essenziale di queste organizzazioni. Altra novità, quella dell’esplicita previsione di un “codice del Terzo settore” con il quale arrivare ad una revisione organica della disciplina (anche tributaria) applicabile agli enti di terzo settore. Modifiche che piacciono al Forum nazionale terzo settore, che con il portavoce Pietro Barbieri commenta: “Siamo soddisfatti per il testo e per le modifiche apportate rispetto alla proposta di legge, in particolare per la definizione di ‘terzo settore’ che inquadra correttamente la complessità e la specificità del non profit italiano”. “Ringraziamo –dice Barbieri - la relatrice on. Lenzi e i Commissari per l’attenzione dimostrata nei confronti delle nostre proposte e auspichiamo che tale metodo di consultazione possa continuare anche per l’esame dei successivi articoli.”

Nel dettaglio, il primo comma dell’articolo 1 (che cambia ancora rispetto alle prime riformulazioni di cui avevamo dato conto) recita che “al fine di sostenere la libera iniziativa dei cittadini che si associano per perseguire il bene comune, di elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona, di valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18, e 118, quarto comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decreti legislativi in materia di disciplina del Terzo settore”. E continua dicendo: “Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi”.

Cambia anche il comma successivo, grazie all’approvazione di quattro emendamenti a firma Miotto e Beni (entrambi Pd, come al Partito democratico fanno riferimento anche Fossati e la relatrice Lenzi, autori degli emendamenti – sette – finora approvati): viene previsto quindi che con i decreti delegati si provvede (lettera a) “alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute” e (lettera b) “al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore di cui al comma 1, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore, secondo i princìpi e i criteri direttivi di 59, e cui all'articolo 20, commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1997, n. successive modificazioni”.

Nel corso della seduta la relatrice Donata Lenzi ha ricordato che il libro primo, titolo II, del codice civile, “interessa una platea di soggetti estremamente diversificata e solo in parte inclusi nel terzo settore e che pertanto la revisione prevista dalla lettera a) riguarderà realtà assai differenziate”. Peraltro “l'esigenza di tale riordino è comunque motivata sia da ragioni storiche per superare l'impostazione pensata durante il fascismo basata sull'autorizzazione prefettizia, sia dall'opportunità di separare le attività dal forte contenuto imprenditoriale, anche per assicurare maggiore tutela ai creditori”.

Quanto invece alla lettera b), va notato che se il testo del governo accennava alla necessità del riordino a coordinamento delle disposizione vigenti in materia “anche mediante la redazione di un apposito testo unico recante la disciplina degli enti e delle attività del Terzo settore”, la versione della legge delega effettivamente approvata dalla Commissione Affari sociali pare non lasciare margini di scelta prevedendo che tale riordino sia fatto “mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore”. (ska)

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