Camper e disabilità, una casa... per uscire di casa
Il camper adattato per Antonio: la famiglia e i rappresentanti della ditta Tiberi
ROMA – Il camper può cambiare la vita. “E salvare dalla solitudine e la segregazione tra le mura di casa”: parola di Ruggero e Luciana, papà e mamma di Antonio. Vivono a Barletta, poco più di 50 anni loro, 23 lui. Antonio ha ha una grave disabilità psicofisica, è tracheostomizzato e si nutre attraverso un sondino, per via di gravi difficoltà nella respirazione e nella deglutizione.
“Ogni volta che usciamo di casa, anche solo per qualche ora, dobbiamo affrontare un trasloco. Il rischio maggiore, per chi vive una condizione come la nostra, è restare chiusi in casa, isolati – spiega Luciana – Ed è il destino di tante famiglie come noi, forse difficile da immaginare. Con il passare del tempo e l'età che avanza, poi, tutto si complica ulteriormente: finché Antonio era piccolo, riuscivamo a prenderlo in braccio, spostarlo, cambiargli il pannolino. Ma oggi è un ragazzo grande e forte: riuscite a immaginare un cambio del pannolone durante un viaggio in autostrada?”.
In "vacanza" all'ospedale
E così, in vacanza si va solo se ci si impone di farlo: “Prima di avere il camper, cercavamo strutture accessibili, affrontando sempre costi molto alti – perché l'accessibilità costa cara – e poi le barriere le trovavamo sempre. Restavamo fuori solo pochi giorni e tornavamo più stanchi di prima”. Ma se in vacanza si può scegliere anche di non andare, “in ospedale dovevamo e dobbiamo andarci per forza. Almeno due volte l'anno, Antonio viene ricoverato, a Bologna ma non solo, per quattro o cinque giorni, a volte anche per due settimane. E' sopratutto per questo che il camper ha rappresentato per noi una svolta: ora, durante il periodo di ospedalizzazione, la sera io e mio figlio possiamo cenare in camper con mio marito, passare del tempo soltanto noi tre e poi tornare in stanza, mentre lui può trascorrere comodamente la notte in camper, nel parcheggio dell'ospedale”.
Il camper adattato
Il camper è arrivato nel 2011, quando Antonio aveva 15 anni: un camper normale, non pensato per una persona con disabilità, perché “un camper accessibile costa non meno di 90 mila euro e non esistono, purtroppo, incentivi sufficienti perché una famiglia come la nostra possa permetterselo”. Ora che Antonio è cresciuto e la mamma e il papà non riescono più a sollevarlo per farlo salire a bordo, hanno pensato di farlo adattare.
L'ingegnere in carrozzina che studia e progetta
A realizzare l'intervento è stata la ditta di Maurizio Tiberi, che ha sede a Frosinone ed è specializzata nella realizzazione di unità mobili e di adattamenti per persone con disabilità. “A seguito del mio infortunio svolgo questo lavoro con ancora maggiore passione e convinzione, conoscendo meglio le necessità”, afferma Maurizio, che nel 2012 ha avuto un incidente sul lavoro, proprio qui, nella sua ditta. Ha perso l'uso delle gambe ma è ancora vivo e ha ritrovato tutta l'energia e la motivazione per fare al meglio il suo lavoro. “Per me è molto importante promuovere e diffondere, tra le famiglie delle persone con disabilità, questo nuovo modo di andare in vacanza e non solo, perché ogni disabilità è diversa dall'altra e ciascuna di esse presenta necessità differenti. Il camper, adattato e trasformato per quella specifica disabilità, garantisce l'autonomia. Io sono ingegnere – racconta ancora Maurizio – ma sono anche una persona in carrozzina: con passione e cognizione di causa studio e progetto, in funzione della singola necessità. Oggi per me è un'emozione vedere questa famiglia che riprende le chiavi del proprio camper e si rimette in viaggio: abbiamo lavorato da gennaio a oggi, per rispondere al meglio alle esigenze che ci avevano presentato. Abbiamo installato un sollevatore, per far salire Antonio a bordo e spostarlo da un punto all'altro del camper, abbiamo modificato il bagno, perché possa essere lavato comodamente, abbiamo ingrandito alcuni spazi, per facilitare al massimo la mobilità e alleggerire il più possibile le spalle dei sui genitori. Crediamo di aver fatto un buon lavoro e ho fiducia che il viaggio di ritorno a Barletta sarà per loro più facile e più bello di quello dell'andata!”
La versione integrale dell'articolo è pubblicata sul numero di luglio di SuperAbile Inail, la rivista dell'Istituto sulle disabilità