Campi rom a Roma, 21 luglio: “Nel 2013 costati 24 milioni"
ROMA - Oltre 157 mila metri quadri, pari a 22 volte il campo di calcio dello Stadio Olimpico di Roma: sono le misure della segregazione dei rom nella capitale, l'estensione di tutti i campi rom e centri di raccolta di Roma che nel solo 2013 hanno avuto un costo pari a 24 milioni di euro, quasi tutti per la sola gestione o sicurezza destinando solo lo 0,4 per cento all'inclusione sociale. Sono le cifre choc contenute nel rapporto "Campi Nomadi S.p.a. - Segregare, concentrare e allontanare i rom. I costi a Roma nel 2013" presentato oggi a Roma dall'associazione 21 luglio in Campidoglio. Un dossier che per la prima volta si propone di fare un bilancio annuale e minuzioso delle spese sostenute dall'amministrazione comunale nella gestione dei campi rom, più volte al centro delle denunce delle associazioni in difesa dei diritti umani come luoghi di segregazione.
Secondo il rapporto, il costo complessivo di 24 milioni riguarda gli 8 campi rom attrezzati, ultimamente ribattezzati "villaggi della solidarietà", i 3 centri di raccolta rom e le 54 azioni di sgombero effettuate lungo tutto lo scorso anno. Risorse impiegate per il 63,1 per cento per la sola gestione, per il 23,3 per cento per interventi riguardanti il capitolo sicurezza, 13,2 per cento per la scolarizzazione e soltanto il 0,4 per cento spesi per l'inclusione sociale.I costi maggiori riguardano i campi. Nel 2013, per le 878 famiglie presenti negli 8 campi sono stati spesi 16,3 milioni di euro (17 mila euro in tutto l'anno a famiglia). Oltre 6 milioni, invece, sono stati spesi lo stesso anno per i 3 centri di raccolta rom per 136 famiglie. Circa 1,5 milioni, invece, sono stati spesi per i 54 sgomberi che hanno riguardato oltre 1.200 persone.
La spesa, però, non riguarda unicamente gli insediamenti. Tra i vari capitoli c’è anche quello riguardante la cabina di regia, con cui il comune gestisce e coordina le attività riguardanti i campi. La somma necessaria per far funzionare la regia è pari a oltre 192 mila euro, spiega il rapporto. La stima riguarda oltre allo stipendio di due dipendenti comunali, anche il costo dell’Unità di strada affidato alla Cooperativa San Saturnino che per tale mansione ha percepito nel 2013 il compenso lordo di euro 140.2994. Ma il dato che più di ogni altro sembra far ritornare indietro nel tempo, durante quella che le istituzioni indicarono come “emergenza nomadi”, è quello in merito all’affidamento diretto dei progetti sia nei campi che nei centri di raccolta, che in tutti i casi riguarda più dell’80 per cento delle risorse e in alcuni casi anche il 100 per cento. La ricostruzione della spesa sostenuta dal comune di Roma, spiega l'associazione, "si è svolta sulla base dell’analisi della documentazione ufficiale disponibile sul sito del comune. Attraverso la richiesta di accesso agli atti è stato possibile acquisire la documentazione relativa ad alcune convenzioni stipulate tra il comune di Roma e alcuni enti gestori. I rimanenti dati sono il frutto di stime adeguatamente supportate da varia documentazione. Dati e stime che vanno considerate al ribasso e suscettibili di solo aumento".
I campi presi in considerazione, in ordine cronologico di nascita, sono il campo Lombroso (anno 2000), Candoni (anno 2000), Gordiani (anno 2002), Cesarina (anno 2003), Camping River (anno 2005), Castel Romano (anno 2005), Salone (anno 2006), La Barbuta (anno 2012). Campi che, secondo i dati forniti dall’Ufficio nomadi di Roma Capitale, nel giugno 2013 accoglievano 4.391 rom. Strutture che, nonostante gli alti costi, per l’associazione hanno tutti i caratteri della discriminazione e della segregazione. “Anche se progettati all’insegna della presunta integrazione – spiega il rapporto -, distano mediamente più di 2 km dalla prima fermata di autobus, oltre 3 km dalle poste e dal mercato più vicino”. Secondo lo studio, inoltre, “tutti gli insediamenti sono caratterizzati da un isolamento fisico e relazionale - spiega il rapporto -, da una precaria condizione igienico-sanitaria, da spazi inadeguati e asfittici, da servizi interni insufficienti, da unità abitative in stato di grave deterioramento e risultano al di sotto dei requisiti minimi previsti dagli standard internazionali in materia di alloggio adeguato". Mentre alcuni campi sono provvisti di sistemi di video sorveglianza, di un sistema di identificazione e di un registro all’entrata e all’uscita, nella maggior parte dei campi mancano i presidi sanitari, ad eccezione di Camping River e Salone.