12 giugno 2014 ore: 12:51
Immigrazione

Campi rom, a Roma estesi come 22 stadi di calcio. Ma niente inclusione

La denuncia dell’associazione 21 luglio nel Rapporto Campi Nomadi S.p.a. Nel solo 2013 sono stati spesi circa 24 milioni di euro tra campi, centri di raccolta e sgomberi. Solo lo 0,4 per cento è stato destinato all’inclusione sociale
Campo rom a Roma

ROMA - Oltre 157 mila metri quadri, pari a 22 volte il campo di calcio dello Stadio Olimpico di Roma: sono le misure della segregazione dei rom nella capitale, l'estensione di tutti i campi rom e centri di raccolta di Roma che nel solo 2013 hanno avuto un costo pari a 24 milioni di euro, quasi tutti per la sola gestione o sicurezza destinando solo lo 0,4 per cento all'inclusione sociale. Sono le cifre choc contenute nel rapporto "Campi Nomadi s.p.a. - Segregare, concentrare e allontanare i rom. I costi a Roma nel 2013" presentato oggi a Roma dall'associazione 21 luglio in Campidoglio. Un dossier che per la prima volta si propone di fare un bilancio annuale e minuzioso delle spese sostenute dall'amministrazione comunale nella gestione dei campi rom, più volte al centro delle denunce delle associazioni in difesa dei diritti umani come luoghi di segregazione.

box I campi presi in considerazione, in ordine cronologico di nascita, sono il campo Lombroso (anno 2000), Candoni (anno 2000), Gordiani (anno 2002), Cesarina (anno 2003), Camping River (anno 2005), Castel Romano (anno 2005), Salone (anno 2006), La Barbuta (anno 2012). Campi che, secondo i dati forniti dall’Ufficio nomadi di Roma Capitale, nel giugno 2013 accoglievano 4.391 rom. 

Strutture che, nonostante gli alti costi, per l’associazione hanno tutti i caratteri della discriminazione e della segregazione. “Anche se progettati all’insegna della presunta integrazione – spiega il rapporto -, distano mediamente più di 2 km dalla prima fermata di autobus, oltre 3 km dalle poste e dal mercato più vicino”. Secondo lo studio, inoltre, “tutti gli insediamenti sono caratterizzati da un isolamento fisico e relazionale - spiega il rapporto -, da una precaria condizione igienico-sanitaria, da spazi inadeguati e asfittici, da servizi interni insufficienti, da unità abitative in stato di grave deterioramento e risultano al di sotto dei requisiti minimi previsti dagli standard internazionali in materia di alloggio adeguato". Mentre alcuni campi sono provvisti di sistemi di video sorveglianza, di un sistema di identificazione e di un registro all’entrata e all’uscita, nella maggior parte dei campi mancano i presidi sanitari, ad eccezione di Camping River e Salone. (ga)

Su RS, l'Agenzia di Redattore sociale leggi i lanci sui costi dei campi nella capitale, sulle esperienze di autocostruzione e autorecupero di Padova e Messina e l'analisi del presidente dell'associazione 21 luglio Carlo Stasolla

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