Caos moschea a Milano: a 14 mesi da Expo manca un progetto condiviso
MILANO – Mancano 14 mesi ad Expo e i 6 milioni di visitatori musulmani attesi a Milano per la fiera universale potrebbero non avere un luogo dove pregare. Uno scandalo per il Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza). Soprattutto tenendo conto che la costruzione della moschea nel capoluogo lombardo era uno dei punti del programma del sindaco Giuliano Pisapia. Siccome i tempi tecnici per la realizzazione di una struttura idonea stringono, il 12 marzo il Coordinamento lancia la volata all'amministrazione comunale, con una campagna sui social: #moscheasiprego.
In un video i musulmani di Milano spiegano perché vogliono una moschea. C'è già anche un rendering con il progetto della struttura immaginata dal Caim. Peccato che la campagna spacchi la comunità. Da un lato, i sostenitori del progetto del Caim. Il coordinamento ha già individuato un'area, quella del Palasharp, e un progetto, che costa 10 milioni di euro. "Vogliamo sollecitare il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris e l'amministrazione – spiega il coordinatore della campagna "Moschea sì prego" Yassine Baradai -. L'esigenza della comunità è rompere questo muro alzato dalla politica. Si parla di moschea come se fosse una base nucleare. Invece dovrebbe avere dignità pari a tutte le altre case di Dio, chiese, sinagoghe e templi". Dall'altro lato della barricata, stanno le associazioni più vicine al Comune. Soprattutto per Palazzo Marino il problema è duplice.
Ufficialmente, la vicesindaco Ada Lucia De Cesaris scrive in una nota che "l'amministrazione ha avviato un percorso che vuole e deve coinvolgere tutte le associazioni islamiche presenti sul territorio. Un percorso – prosegue il testo - che ha al centro l'individuazione di uno o più luoghi di preghiera che rispondano alle esigenze della comunità islamica e siano in grado di dare la giusta accoglienza a tutti coloro che visiteranno Milano in occasione di Expo. Un percorso che ripeto deve tener conto di tutte le istanze, che non sono solo quelle espresse dal Caim". Accanto al Comune si schierano le associazioni islamiche che divergono dal Caim per motivi politici. Primo la sua vicinanza ai Fratelli musulmani egiziani. "Il Caim non ha mai preso posizione su temi di politica internazionale. Mai.", ribatte il coordinatore Davide Piccardo.
"Il Caim – attacca Yahya Pallavicini il presidente della Coreis, comunità dell'Islam italiano dove è fortissima la componente sufi - rappresenta soltanto se stesso, non ha nulla da dire alla comunità islamica milanese. Non si tratta di fare la voce grossa per ottenere un degno luogo di preghiera. Cerchiamo di avere una visione dell'islam armoniosamente integrato nella visione della Milano di oggi". Pallavicini propone di adeguare gli spazi che già esistono, invece che investire in una struttura nuova. Poi ieri l'ultimo capitolo di questa infinita telenovela: il Comune avrebbe scavalcato le associazioni cercando finanziamenti direttamente da due Paesi islamici: Marocco e Giordania. "Di certo i soldi arriveranno da una monarchia", commenta Benaissa Bounegab, direttore della Casa della cultura islamica di via Padova. Una soluzione caldeggiata già da tempo dall'amministrazione, rivela Bounegab. (lb)