Caporalato, Oim: “Aziende cambino mentalità, siano le prime a chiedere diritti”
ROMA – Maggiori controlli da parte dell’ispettorato del lavoro, più percorsi di integrazione per i migranti ma soprattutto una responsabilizzazione delle aziende e delle catene della grande distribuzione. Sono questi alcuni degli aspetti principali su cui puntare per il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, un fenomeno che ormai coinvolge circa 400mila braccianti agricoli stranieri. A sottolinearlo è Giovanni Abate dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), che proprio su questo tema è attiva con il progetto Terra munda .
“Nell’ultimo anno molti passi avanti sono stati fatti. E’ importante l’impegno del governo: dal reato di intermediazione illecita fino all’ultimo disegno legge in discussione, che cerca di arginare il fenomeno del caporalato – sottolinea Abate -. Ma noi crediamo che al di là degli sforzi istituzionali, quello che deve cambiare è la mentalità radicata tra gli imprenditori. Chi commercializza o compra un prodotto, per primo deve controllare e richiedere che quello non sia frutto di sfruttamento”. Secondo l’Oim, quindi, le catene di distribuzione dovrebbero imporre per prime il rispetto dei diritti dei lavoratori. Come fatto già dalla Coop con il progetto filiera pulita. Stesso vale per le aziende: “la filiera del prodotto agricolo prevede diversi passaggi che vanno a contribuire la formazione del prezzo finale – aggiunge Abete - durante questi passaggi ci sono rincari significativi: un chilo di pomodori viene pagato 7 centesimi al produttore e finisce sugli scaffali con rincari anche del quattromila per cento. Le grandi aziende possono imporre ai fornitori il rispetto dei codici etici. Alcune aziende già lo fanno ma andrebbe messo su un sistema ispirato al rispetto della dignità umana”.
Accanto a questo l’Oim chiede un potenziamento generale dei controlli “che esistono ma non sono sostenuti così come dovrebbero: bisogna attivare una rete in grado di lavorare in maniera sinergica –aggiunge Abate – così da poter colpire duramente dove si riscontrano situazione di illegalità”. Infine l’ultimo tassello riguarda l’accoglienza dei migranti che arrivano sulle nostre coste: “Serve un’integrazione sia sociale che lavorativa: la presenza di persone giovani su territori depressi economicamente è un’opportunità e può portare allo sviluppo di alcune aree – conclude -. Bisogna quindi facilitare l’accesso agli alloggi regolari, ai servizi sociosanitari e puntare su una reale inclusione dei migranti”. (ec)