Capoverde, a Sal e Boavista turismo fa rima con neocolonialismo
Una sorta di "neocolonialismo", quello che vede protagoniste le due isole "più turistizzate" dell'arcipelago: così definisce il fenomeno Gallinaro, che negli ultimi 3 anni ha vissuto circa 7 mesi a Capo Verde, per poter svolgere la sua ricerca per la tesi di dottorato in etnologia, che discuterà a breve. In atto, dunque, una sorta di "glocalizzazione, un processo definito dall'antropologia del turismo, che porta al confronto a volte drammatico tra locale e globale, e alla perdita d'identità delle popolazioni native". Massiccia la presenza degli imprenditori italiani residenti a Sal e Boavista, testimonia Gallinaro, "che sono da considerare i nuovi attori dell'economia ma anche della scena sociale capoverdiana".
Inoltre la nostra lingua sta influenzando la vita quotidiana delle due isole: dalle insegne dei locali (compaiono le parole "pasta", "pizza") ai menu in trattorie e ristoranti. L'economia, però, resta "in mano di pochi, quasi sempre stranieri, mentre i capoverdiani avrebbero più di tutti diritto a essere considerati protagonisti" e a ricevere i benefici del flusso di denaro proveniente dallo sfruttamento del territorio e dall'arrivo in massa dei turisti. "Invece i pacchetti all-inclusive dei resort vengono saldati presso le agenzie turistiche italiane e ai capoverdiani restano gli spiccioli - osserva Gallinaro -. Gli stipendi dei lavoratori negli alberghi si aggirano intorno ai 100 euro mensili e i prodotti locali di artigianato restano spesso fuori dai tour organizzati". (lab)