Carcere. Antigone: “L’Italia condannata per sovraffollamento, ma dentro c’è chi ha contraffatto un cd”
ROMA – Dal venditore ambulante che ha contraffatto cd e dvd al migrante irregolare, al ragazzo beccato con qualche grammo di droga. Sono duemila e cinquecento i detenuti in carcere per scontare una condanna inferiore a un anno, dovuta a reati di scarsissima rilevanza. Diecimila quelli per pene inferiori a tre anni. In totale dodicimila e cinquecento persone che, invece di affollare gli istituti di pena, avrebbero tutti i requisiti per scontare pene alternative. Un “paradosso” del nostro sistema carcerario, che nonostante il grave sovraffollamento costato all’Italia una condanna da parte della Corte di Strasburgo, tiene dietro le sbarre chi ha commesso piccoli reati, messo in luce dall’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, presentato oggi a Roma.
Il dato è ancora più rilevante se si guarda solo alla popolazione carceraria femminile: il 26 per cento è in carcere per reati inferiori a un anno e oltre la metà (il 65,4 per cento) per condanne inferiori a tre. “Il nostro sistema carcerario per sovraffollamento è nei primi posti nelle classifiche di tutta Europa –sottolinea il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – ma questo è frutto di un problema culturale, sono state prodotte una serie di leggi per rassicurare le persone su quelli che erano considerati i più gravi problemi del paese, come l’immigrazione e la droga. Ma questo ha creato la situazione che abbiamo ora. Bisogna quindi intervenire innanzitutto su queste leggi per risolvere la questione carceraria “. Gonnella sottolinea come non sia più tollerabile che ci siano in carcere due condannati su tre per reati ascrivibili a una violazione della legge Fini-Giovanardi, così come che ci sia il 30 per cento di popolazione immigrata in carcere. “Gli stranieri commettono reati meno gravi –aggiunge – ma vanno più facilmente in carcere, affollando i nostri istituti di pena”.
Secondo Antigone è anche paradossale che nel nostro paese si faccia ancora poco ricorso alle pene alternative. . “Le persone che hanno usufruito di misure alternative hanno un tasso 3 volte inferiore di recidiva rispetto agli altri detenuti –spiega –Dobbiamo quindi sottolineare con forza che il modello della pena flessibile in esecuzione non produce insicurezza, tutt’altro. Il nostro rapporto quest’anno si intitola ‘L'Europa ci guarda’ –continua Gonnella – perché la centralità della questione carceraria è ormai nota. L’ultimo decreto legge della ministra Cancellieri va nella giusta direzione: si parla di ridurre il numero di detenuti e si parla di diritti, con l’istituzione del garante nazionale. Ma bisogna arrivare a ridare dignità alle persone in carcere”. (ec)