22 dicembre 2014 ore: 16:00
Giustizia

Carcere, Confcooperative: "Gestione mense al Dap chiuderà 10 cooperative"

L'allarme lanciato da Giuseppe Guerini, presidente Federsolidarietà-Confcooperative, sul termine delle sperimentazioni in 10 istituti di pena. "E' come se si decida di chiudere un'impresa d'eccellenza e mandare a casa oltre 200 lavoratori"
Carcere, agente penitenziario apre corridoio

ROMA - "Il 15 gennaio chiuderanno le 10 cooperative sociali in Italia che, con delle sperimentazioni coraggiose, stanno gestendo da anni le mense degli istituti di pena. È così che riescono ad assumere e dare un'opportunità di reinserimento sociale e lavorativo ai carcerati". Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà – Confcooperative, rilancia l'allarme delle cooperative sull'imminente scadenza della sperimentazione della gestione delle mense di 10 istituti di pena sparsi sul territorio nazionale. Gestione che dovrebbe ritornare nelle mani dell'Amministrazione penitenziaria che, tuttavia, ha annunciato un incontro con le cooperative a Roma il 30 dicembre.

"Sebbene sia difficile oggi parlare di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti – aggiunge Guerini – bisogna prendersi la responsabilità di farlo. Sono le esperienze, i fatti, a parlare sotto gli occhi di tutti". Per Guerini, infatti, "un detenuto che impara un mestiere in carcere, è un criminale in meno che torna a delinquere al termine della sua pena. Lo stesso ministero di Giustizia e il dipartimento Amministrazione penitenziaria confermano che grazie al lavoro delle cooperative sociali il tasso di recidiva, cioè di ex detenuto che torna a delinquere, si abbatte dall'80 per cento a meno del 10 per cento".

Alle istituzioni la richiesta di una "assunzione di responsabilità e di distinguere le buone esperienze e prendere, con determinazione, le decisioni più adeguate.  Nel corso del 2014, la nostra organizzazione ha scritto tre lettere al ministro della Giustizia per segnalare il problema, ma senza che si riuscisse ad affrontare con determinazione il caso". Se non dovessero esserci ripensamenti a livello centrale, spiega Guerini, "è come se dall'oggi al domani si decida di chiudere un'impresa d'eccellenza e mandare a casa oltre 200 lavoratori, detenuti che in carcere stanno cercando di ripartire, diventare pizzaioli, camerieri, cuochi. Solo qualche mese fa l'Italia per rispondere alla condanna della Corte per i diritti dell'uomo per le condizioni delle carceri valorizzava l'esperienza dell'inserimento lavorativo, adesso invece che estendere queste esperienze al resto del Paese, le cancelliamo con un colpo d’ala, come se niente fosse". 

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