Carcere, i Garanti: “Dopo l’emergenza sanitaria non si può tornare al passato"
ROMA – “Dopo l’emergenza sanitaria, il futuro prossimo e meno prossimo del sistema penitenziario non potrà tornare a essere quello del passato. La pandemia ha mostrato in maniera impietosa la sua profonda crisi”. Con l’inaugurazione della nuova legislatura la Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà personale invita il nuovo esecutivo a una riflessione sullo stato del sistema penitenziario nel nostro Paese. “Il governo – si legge in un corposo documento indirizzato al ministro della giustizia e ai presidenti delle Commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato – si trova ad affrontare le sfide di un sistema penitenziario post-pandemico, sovraffollato e gravato da un numero di suicidi mai registrato prima e, al contempo, a gestire l’eredità di una serie di riforme mancate. Da ultima, la proposta a tre livelli (legislativo, regolamentare ed amministrativo) della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario, la cui attuazione avrebbe potuto sortire risultati positivi per un trattamento delle persone detenute conforme a dignità ed umanità, ed al contempo per la funzionalità del sistema medesimo”.
Tra i problemi messi in luce all’interno del documento, la mancanza delle misure minime di profilassi, evidenziate durante l’emergenza Covid, e inasprite dal sovraffollamento delle strutture carcerarie. “Negli ultimi 25 anni la capienza degli istituti penitenziari, è aumentata di almeno 14 mila unità, ma la popolazione detenuta è andata sempre e costantemente oltre”, mette in rilievo il documento. “Al sovraffollamento – si legge ancora – si accompagnano condizioni detentive fortemente degradate e un numero di suicidi senza precedenti”, che potrebbe essere arginato attraverso “Protocolli di prevenzione al suicidio” e incremento dell’organico dei Serd che operano negli istituti di pena.
Secondo la Conferenza dei garanti territoriali, andrebbe inoltre ribadita l’idea del carcere come extrema ratio riservata solo agli autori di gravi reati contro la persona o connessi alle attività delle organizzazioni criminali, intensificando le misure alternative e depenalizzando le condotte con minima o nulla offensività, a partire da quelli in materia di droghe. Occorre, inoltre, dare continuità all’accoglienza in housing di persone in esecuzione penale esterna in situazione di marginalità, prive di riferimenti familiari, avviata con il progetto condiviso tra la Cassa delle Ammende e le Regioni in tempo di Covid-19.
Altra questione importante è quella della qualità della vita, delle relazioni sociali e del digitale in carcere, un tabù caduto durante l’emergenza pandemica. “Una recente circolare Dap – si legge – ha fissato le nuove linee guida in materia, stabilizzando lo strumento delle videochiamate, interpretate come modalità ordinaria, per assicurare il diritto costituzionale di ciascun individuo al mantenimento delle relazioni socio familiari”. Un altro elemento fondamentale è quello del lavoro in carcere che, insieme con l’istruzione a ogni livello, rappresenta “uno degli strumenti fondamentali di umanizzazione della pena”.
Fondamentale poi il diritto all’affettività e alla sessualità in carcere, che è tempo di far passare “dalle parole ai fatti”. Sulla questione dei bambini in carcere, ristretti/e insieme alle madri nei reparti nido degli istituti penitenziari o negli Icam, il documento ribadisce la necessità di dare rapida attuazione agli investimenti per la individuazione delle case famiglia, già previste dalla legge. Il carcere deve, infine, combattere con maggiore determinazione gli episodi di violenza nei confronti dei detenuti e integrare il principio antidiscriminatorio, in particolare in relazione all’identità di genere e all’orientamento sessuale, lavorando a un ripensamento concreto del trattamento delle persone transgender e in generale LGBTQI+.
Preccupante per i garanti dei detenuti anche la riforma dell’ergastolo ostativo: “La prospettiva costituzionale e quella convenzionale impongono di superare definitivamente il meccanismo delle preclusioni assolute nell’accesso ai benefici penitenziari anche per gli autori dei reati più gravi, condannati all’ergastolo, assumendo l’obiettivo della progressione nell’esecuzione penale per la generalità della popolazione detenuta”.