Carcere, in Friuli il piano per prevenire i suicidi dei detenuti
TRIESTE - Un piano che punta a prevenire i suicidi nelle cinque case circondariali del Friuli Venezia Giulia e che deriva direttamente da quello nazionale. La giunta del Friuli Venezia Giulia, su proposta dell'assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca, adotta il piano regionale per la prevenzione delle condotte suicidarie e dei gesti autolesivi in carcere e indicazioni per i piani locali. Il provvedimento non prevede spese per l'ente e recepisce il piano nazionale. Lo strumento regionale sostanzialmente persegue in primo luogo l'obiettivo di inquadrare dal punto di vista epidemiologico il fenomeno del suicidio e del gesto autolesivo nelle carceri del Friuli Venezia Giulia. In secondo luogo il piano definisce la sua architettura organizzativa per quanto riguarda il livello regionale e locale, individuando gli elementi essenziali dei Piani di prevenzione locale.
Per quel che riguarda la casistica dei fenomeni, nel 2016 in Friuli Venezia Giulia su un totale di 614 detenuti si sono registrati 124 atti di autolesionismo e 9 tentati suicidi. Il penitenziario con il piu' alto tasso di autolesionismo, sempre nel 2016, e' stato quello di Udine (82 casi su 128 detenuti), mentre quello di Tolmezzo non ha registrato alcun episodio. Nel dettaglio, da un'analisi fatta sul periodo 2010-16, risulta che i tentativi di suicidio hanno riguardato tutti soggetti di sesso maschile, mentre l'eta' maggiormente rappresentata e' quella giovanile, in particolare tra i 21 e i 24 anni. Sul fronte della provenienza geografica i detenuti provenienti dall'Africa e dall'Asia hanno tassi di tentato suicidio piu' alti rispetto agli europei e agli italiani. Da rilevare infine che, sempre nella fascia temporale 2010-16, si sono verificati 3 casi di suicidio nelle carceri del Friuli Venezia Giulia.
Il documento regionale, fornendo indicazioni per i Piani locali in base alle indicazioni del piano nazionale, assegna alle aree operative che si trovano nelle componenti volontarie, professionali e detenute all'interno del carcere tre campi d'azione: sostegno, attenzione e decisione. In tale ambito gli elementi essenziali della strategia sono rappresentati dalla rilevazione del rischio (assenza di rete familiare, assenza di esperienze detentive, abitudini legate all'uso di sostanze stupefacenti), dal presidio delle situazioni potenzialmente stressanti (ingresso, colloqui con i familiari e corrispondenza con l'esterno), dal lavoro integrato e multidisciplinare (tra personale di area penitenziaria e sanitaria) e dalla gestione dei casi a rischio (alloggiamento e interventi sanitari).
"Questo piano regionale- spiega Telesca- e' un lavoro importante, il quale fa parte del grande tema della sanita' penitenziaria che abbiamo acquisito come Regione Friuli Venezia Giulia quattro anni fa e che si traduce in una maggior sorveglianza sanitaria in carcere non solo nella cura delle malattie ma anche nell'opera di prevenzione legata alle azioni di autolesionismo" conclude. (DIRE)