16 luglio 2019 ore: 16:06
Famiglia

Cardinal Capranica, l’“emergenza casa” a Roma e l’assenza di politiche abitative

di Eleonora Camilli
Dopo lo sgombero dell'immobile nel quartiere Primavalle, dove vivevano 200 persone, restano diversi interrogativi: perché non si è trattato prima con le famiglie per assicurare un'alternativa? E cosa si sta facendo realmente a Roma sul tema delle politiche per la casa?
Dire Sgombero Cardinal Capranica Roma

Sgombero Cardinal Capranica a Roma

ROMA - “Sono 145 le persone in condizioni di fragilità che hanno accettato l’assistenza alloggiativa offerta dal Campidoglio a tutti coloro che vivevano nell’immobile di via Cardinal Capranica. Gli operatori della Sala Operativa Sociale di Roma Capitale hanno proposto supporto e accoglienza in strutture alternative a tutte le famiglie, senza alcuna divisione dei nuclei familiari”. Il comunicato dell’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Roma arriva alla fine di una lunga giornata per la Capitale, iniziata la notte del giorno prima. I blindati della polizia hanno circondato dalla mezzanotte del 14 luglio, una ex scuola occupata a via Cardinal Capranica, nel quartiere Primavalle, dove vivevano da anni circa 200 persone, per lo più famiglie con bambini piccoli (circa 80).

Le operazioni sono andate avanti per tutta la mattinata, con attivisti e movimenti accorsi a portare solidarietà. Alcuni occupanti hanno provato a resistere salendo sui tetti dell’edificio. Altri hanno dato alle fiamme le barricate costruite per non far avvicinare gli agenti di polizia, e tre di loro sono stati condannati a un anno di reclusione con la sospensione condizionale, dopo un giudizio per direttissima che si è svolto questa mattina a Piazzale Clodio. Ma il giorno dopo lo sgombero gli interrogativi sono ancora tanti: perché si è scelta la linea del pugno duro e non di cercare prima una soluzione alternativa insieme alle famiglie, come avvenuto per lo sgombero di altre occupazioni, come quella di via Carlo Felice? Era necessario un dispiegamento così ingente di polizia e uno scenario da assedio in presenza dei minori? E infine, al di là degli sgomberi e dell’emergenza, cosa si sta facendo realmente sul tema casa a Roma?

Per ora, stando ai dati diffusi 145 persone hanno accettato le soluzioni offerte dal Comune, gli altri sono stati ospitati da altre occupazioni. L'11 luglio scorso in una nota congiunta l’assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale Laura Baldassarre e l’Assessora al Patrimonio e alle Politiche Abitative Rosalba Castiglione avevano parlato di una “Memoria che traccia la road map per la presa in carico degli aventi diritto che si trovano nell’immobile occupato di via Cardinal Capranica” approvata dalla Giunta capitolina. “L’obiettivo è replicare il lavoro efficace che fu messo in campo a febbraio per liberare l’immobile occupato di Via Carlo Felice - si legge -. Si tratta di un modello che ha funzionato perfettamente, contemperando tutela della legalità e rispetto dei diritti umani. Per questo, anche nel caso di via Cardinal Capranica, vogliamo effettuare un’evacuazione concordata della struttura”.

E, invece, questa volta sono arrivati prima i blindati, come accadde due anni fa a via Curtatone, l’immobile occupato da cittadini di origine eritrea dopo il naufragio del 3 ottobre 2013. L’edificio fu sgomberato il 19 agosto del 2017, le persone, rimaste senza casa, si accamparono nei giardini antistanti di piazza Indipendenza, nel cuore di Roma, per venire poi sgomberati di nuovo con un’operazione di polizia che l’allora prefetta definì di “cleaning”. “Le analogie tra le due occupazioni e i due sgomberi sono diverse - spiega Enrico Puccini esperto di politiche abitative ed autore del libro Verso una politica della casa:-  quella occupazione stava lì da 20 anni. Non si può parlare di emergenza, così come non si può parlare di emerga casa a Roma è un problema di carattere strutturale. Le occupazioni più recenti risalgono almeno al 2013”. 

Secondo molti quello di ieri è il primo di una nuova ondata di sgomberi nella Capitale che accrescerà ancora di più il disagio abitativo della città. Puccini, che da anni segue il tema e ha creato l’ Osservatorio Casa Roma  sottolinea che gli sgomberi non servono, per dare una risposta seria al tema casa a Roma servirebbe innanzitutto un tavolo coordinato tra Comune, Regione e Governo  “Per agire sul serio, bisogna rimettere mano all’intero comparto - sottolinea -. A Roma ci sono diverse anomalie determinate dal fattore amministrativo: per esempio abbiamo 10mila famiglie con redditi elevati nelle case popolari. Inoltre per chi vive nelle occupazioni dal 2014 è più complesso fare domanda per la casa popolare perché non si può prendere la residenza, ma molto dipende dall’orientamento dei municipi. Una volta queste situazioni si sanavano e le occupazioni diventavano dei residence oppure con dei protoccoli d’intesa gli si assegnava casa, oggi per diverse ragioni non si fa più -. aggiunge -. Quello che manca è un piano strutturale”. 

Secondo l’Istat  sono 115 mila gli alloggi sfitti a Roma, o meglio “non abitati dai residenti”, l’Agenzia delle Entrate parla di 100mila alloggi a disposizione mentre la sindaca di Roma Virginia Raggi ha affermato a più riprese che sono circa 200mila. “I numeri sono ballerini, e non tengono conto di una serie di fattori, come gli affitti in nero, però sicuramente bisogna capire come rimettere questi immobili nel circuito” aggiunge il ricercatore. Qualche anno fa proprio a Roma iniziò la sperimentazione del “buono casa”. “un’idea buona - aggiunge Puccini - oggi servirebbe affiancare a questa proposta un’Agenzia sociale per gli affitti per farla funzionare, perché spesso il privato non si fida. Mentre l’Agenzia può fornire una serie di garanzie per l’inquilini. Ma oggi manca una visione a breve, medio e lungo termine su questo tema. Spesso si preferisce fare queste azioni muscolari, che non risolvono il problema, anzi lo aggravano”. 


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