Caregiver, “così ho realizzato un sogno: mio figlio al centro della casa”
ROMA – E' bastato poco più di un mese, per trasformare un sogno in realtà: è bastata la tenacia di Sara Bonanno, mamma e caregiver a tempo pieno di Simone, 28 anni e una disabilità gravissima, sempre più grave. “Proprio negli ultimi giorni ce la siamo vista brutta – racconta a Redattore Sociale – Simone è stato malissimo e, come tante volte mi capita, ho avuto tanta paura di perderlo. Ma non abbiamo mollato, né lui né io: lui con la sua voglia di vivere, io con il bisogno di averlo ancora qui con me. Abbiamo lottato e, piano piano, forse ne stiamo venendo fuori. Ora sta meglio, ancora sotto antibiotico, ma anche grazie ai tanti che ci sono stati vicini, siamo ancora qui. Proprio in questa circostanza drammatica, mi sono resa conto di quanto fosse importante che Simone avesse la nuova stanza: che fosse lì, al centro della casa, al centro della vita, con il canto dei grilli e degli uccelli a pochi metri dal suo letto”.
Sara ha iniziato pochi mesi la sua ennesima battaglia per garantire al figlio una vita dignitosa e bella, fino all'ultimo respiro: la battaglia, questa volta, era per assicurargli una stanza migliore, nell'appartamento al piano terra che finalmente si è vista assegnare dal Comune, dopo anni vissuti all'ultimo piano di un palazzo, con Simone bloccato in casa perché con la sua carrozzina non entrava in ascensore, ma neanche in balcone. Nel nuovo appartamento, la casa dei sogni, con un piccolo giardino che per Simone è un mondo intero, Simone ha avuto la sua stanza da letto: “Ma chi sta male e vive a letto tutto il giorno – come ormai accade a Simone - non ha bisogno di una camera da letto in cui ritirarsi – ci racconta Sara – ha bisogno di una stanza che sia al centro, che sia piena di luce, che sia grande e comoda per vivere. Per questo, desideravo trasferire la stanza di Simone in salotto ”.
Un desiderio che è diventato più urgente, quando nella stanza di Simone ha iniziato a piovere, per via di una tegola rotta. “Ho chiesto aiuto, perché non posso certo permettermi di pagare i lavori, io che un lavoro non ce l'ho. E' Simone a mantenermi e mantenerci! E i soldi bastano appena per i medicinali e le cure di cui ha bisogno”. Grazie all'associazione “Margherone fa cose”, Sara ha avviato una raccolta fondi e in poche settimana ha raccolto la somma necessaria per la realizzazione dei lavori: “Le donazioni sono arrivate soprattutto da altri caregiver familiari, una solidarietà che è arrivata soprattutto da persone come me, che spesso faticano ad arrivare a fine mese e vivono con grande fatica, come me. Ma hanno tirato fuori qualche soldo per darmi una mano. Ci sono stati anche volontari che sono venuti a fare piccoli lavori, o mi hanno donato qualche oggetto: c'è stato un aiuto incredibile, soprattutto da parte di persone che non hanno grandi somme di denaro. Insomma, ci sono tante persone che devo ringraziare e lo faccio con tutto il cuore. Oggi Simone è nella sua stanza, al centro della casa, inondato dalla luce e dai rumori del giardino. Per lui la vita è diventata più bella e anche per me, che posso prendermi cura di lui facendo un po' meno fatica.
Certo, non ho più la cucina, visto che al suo posto ora c'è la vasca per lavare Simone! Piano piano, risolveremo anche questo! Intanto, sono molto fiera di questa impresa: vedere Simone al centro della casa mi rende felice. È ciò di cui ogni persona con grave disabilità ha bisogno: sentire che il mondo le viene cucito addosso. L'isolamento va bene per chi sta bene: ma chi sta male, deve sentire il mondo intorno a sé, non vivere in una stanza buia e silenziosa, magari con la porta chiusa. Ieri è venuto l'ecografista per controllare Simone: ha guardato a lungo ogni angolo della stanza, ha voluto vedere tutto, come la doccia barella, con cui ora riesco a lavare Simone più comodamente. Alla fine ha detto che vorrebbe fare la stessa cosa con il papà che ha l'Alzheimer. Costruire intorno a una persona allettata a sua misura ti cambia la vita".
Ora mancano solo i cartelli sugli armadi: "Sono i cartelli che Simone ha voluto che fossero scritti e attaccati sugli armadi, per aiutare chi si avvicina a lui a relazionarsi in modo adeguato. Li attaccherò nei prossimi giorni, perché la stanza di Simone possa tornare a parlare di lui e con lui”.