6 marzo 2017 ore: 14:07
Disabilità

Caregiver familiari, ecco il test per valutare bisogno e risorse

Elaborato dallo psicologo Lelio Bizzarri, con il supporto di un gruppo di caregiver, misura il carico di impegno e i bisogni prioritari, per organizzare al meglio le risorse disponibili. 63 domande a risposta chiusa, per misurare “fattori strutturali” e “carico di lavoro”. Intervista allo psicologo Bizzarri
Courtesy Everett Collection/Contrasto Caregiver, donna spinge carrozzina

Foto: Courtesy Everett Collection/Contrasto

ROMA - Caregiver familiari, ma spesso anche professionisti, o ex-professionisti, del settore socio-sanitario: sono loro ad aver collaborato con lo psicologo Lelio Bizzarri psicologo-psicoterapeuta e autore del test che misura carico e bisogni del “familiare alleato” come amano chiamare chi, come loro, presta la propria assistenza continuativa a un familiare non autosufficiente.  Grazie all'esperienza accumulata nei colloqui con decine e decine di genitori di persone con varie disabilità e grazie anche alla sua stessa disabilità, Bizzarri comprende particolarmente bene le condizioni e le istanze di questi “familiari alleati”.

Tuttavia, fondamentale è stato il contributo di Chiara, Cristina ed Elena nella taratura del questionario: “E’ il frutto di un lavoro complesso di confronto, durato mesi, nel quale ognuna di noi ha messo a disposizione le rispettive competenze professionali acquisite sul campo – ci spiega Cristina  - Elena, per esempio, ha condiviso la propria visione sistemica applicandola alla operatività nel regime di un  intervento multidisciplinare che faceva parte del bagaglio professionale di Chiara”.

Obiettivo del test è “inquadrare al meglio ogni contesto di caregiving in cui vive una persona con disabilità – spiega Elena, anche lei caregiver - quindi dovrebbe essere adottato sia a livello di prossimità istituzionale (nei vari servizi) che a livello di ricerca universitaria per permettere la costruzione e la sperimentazione di risposte istituzionali più efficaci e mirate. L'abbiamo proposto anche in sede di discussione in Senato perché siamo convinti che, indipendentemente dal testo di legge che verrà elaborato, ed indipendentemente dallo stanziamento di fondi ad esso collegato, questo strumento possa permettere un cambio immediato nelle condizioni di vita sia del familiare che assiste che della persona con disabilità”. Così Bizzarri illustra il test nell’intervista che ne indaga filosofia, struttura e funzioni. 

Quale può essere, secondo Lei, la funzione di questo test?
La funzione del questionario è quella di evidenziare le situazioni più critiche e di indirizzare gli interventi in termini di priorità e di leve sulle quali agire per migliorare la qualità della vita e prevenire il precipitare dello stato di salute del caregiver e, conseguentemente, della persona con disabilità e di tutto il nucleo familiare. Esso è stato concepito per fare una sorta di “anatomia” degli elementi di criticità e dell’impatto di essi in termini di stress e di mutamento dello stile di vita del caregiver. L’obiettivo finale è quello di sollecitare interventi mirati a rendere più efficiente la gestione delle difficoltà della persona con disabilità, garantendo un buon livello di qualità della vita a tutto il nucleo familiare. La filosofia di fondo è che il caregiver familiare, pur mantenendo il suo ruolo di punto di riferimento della persona con disabilità, possa essere innanzitutto tutelato nella sua salute fisica e mentale, ma anche nella possibilità di condurre una vita equilibrata da un punto di vista relazionale, sociale e di autorealizzazione.   

Come si è svolta la fase di elaborazione?
L’elaborazione del questionario è partita dalle informazioni raccolte in 10 anni di attività clinica e centinaia di colloqui condotti con persone con disabilità e familiari. E’ stata così realizzata una prima stesura del questionario, poi affinato in più passaggi grazie alla collaborazione e i riscontri ottenuti da caregiver familiari i quali, a loro volta, hanno una lunga esperienza professionale nel sociale. Il contributo di questi ultimi è stato determinante nell’inserire domande che potessero ampliare più possibile l’adattabilità del questionario alle diverse tipologie di disabilità e di condizioni familiari, nel tarare i punteggi da assegnare alle varie risposte e nel rendere le domande più comprensibili e dirette possibile. Infine, sottoporre il questionario sin dalle prime fasi al giudizio di persone esperte e al contempo coinvolte personalmente è servito anche a valutare l’impatto della formulazione delle domande, al fine di evitare di suggerire le risposte o di dare una connotazione discriminatoria ad esse. 

In quante domande consiste? Quali aspetti intende sondare?
Sono 63 domande, di cui però 22 sono riservate solo a quelle situazioni in cui sono presenti nel nucleo familiari più di una persona con disabilità. È strutturato in 2 sottoscale: la prima, “valutazione dei fattori strutturali”, comprende domande che rilevano lo stato di salute e l’età del caregiver familiare, la tipologia di disabilità della persona assistita, la necessità assistenziale e altri fattori che possono fungere da tampone quali il reddito del nucleo familiare la presenza di barriere architettoniche, ausili, servizi nel quartiere, ecc. La seconda sottoscala, “valutazione del carico psicofisico”, misura elementi come il numero di ore che il caregiver dedica all’assistenza, quante di queste in fascia notturna, l’impatto che ciò ha sulla qualità  e quantità del sonno, gli sforzi fisici a cui è sottoposto il caregiver, eventuali infortuni ecc. L’obiettivo di questa scala è, insomme, valutare la consistenza di condizioni che si ripetono nel tempo e che possono predisporre allo sviluppo di patologie fisiche e psicologiche connesse all’attività di assistenza del familiare con disabilità. 

Ci sono altri strumenti simili in Italia e in Europa?
Non che ci risulti,  almeno per come questo questionario è stato strutturato. Strumenti analoghi sono centrati su elementi psicologici soggettivi piuttosto che sulla rilevazione di eventi manifesti, quindi misurabili. 

Quanto tempo richiederà la compilazione?
La compilazione richiede tra i 15 e i 30 minuti, anche in funzione della presenza o meno di più di una persona con disabilità nello stesso nucleo familiare. 

Domande chiuse o aperte? Anonimo o personale?
Le domande prevedono solo risposte chiuse, proprio coerentemente con l’intento di dare una definizione operativa degli elementi che si intendono rilevare. Inizialmente è stato ideato per la compilazione anonima, in modo che fosse agevolata l’autenticità. Tuttavia lo strumento si presta anche, come detto, ad essere utilizzato oltre che come strumento di rilevazione statistica, anche come intervista strutturata condotta da un operatore esperto, il quale sulla base delle riposte e dei punteggi ottenuti possa decidere di svolgere ulteriori approfondimenti valutativi e diagnostici o procedere a disporre interventi al fine di migliorare la qualità della vita del nucleo familiare. 

Come sarà somministrato? A quale campione pensate?
Al momento le modalità di somministrazione sono ancora in fase di elaborazione. Di sicuro si dovrà cercare di sottoporre il questionario a persone che risiedono in diverse regioni d’Italia per rilevare come variano le situazioni a seconda della diversa disponibilità di servizi. (cl)

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