Caregiver familiari, la regione Marche pensa a una legge che li riconosca
ROMA – Una legge regionale che tuteli i caregver familiari e ne riconosca il ruolo sociale, assicurando le dovute tutele: ci sta pensando la Regione Marche, con la consigliera Letizia Bellabarba (Pd), che proprio su questo tema ha organizzato ieri un incontro. Modello di riferimento è la legge regionale dell’Emilia Romagna, a cui Bellabarba vorrebbe ispirarsi. Una legge che garantisce riconoscimento, tutele e sostegno a chi offre assistenza continuativa a un proprio familiare non autosufficiente. “Una legge che, in verità, andrebbe migliorata – commenta Chiara Bonanno, caregiver in prima linea nella rivendicazione dei diritti di questa categoria – Questa normativa infatti tutela solo in caregiver per così dire ‘a termine’: chi cioè assiste un anziano non autosufficiente, o un malto grave. Mentre non dà nulla ai caregiver ‘a tempo indeterminato’, quelli che hanno a che fare, per tutta la vita, con una grave disabilità in famiglia. A questi, anzi, proprio la regione Emilia Romagna chiede addirittura di seguire un corso di formazione, perché sia riconosciuto l’assegno di cura. Mi auguro quindi che la regione Marche sia più lungimirante e sappia dotarsi di una legge migliore”.
Intanto ieri, durante l’incontro che si è svolto a Fermo, la consigliera Bellabarba ha portato le voci di alcuni caregiver: storie raccolte e raccontate , perché si comprenda meglio l’isolamento sociale e l’impoverimento economico di queste persone, che nelle Marche sono circa 100 mila, di cui circa il 55% donne.
“Io assisto mia mamma, malata di tumore al seno con metastasi al cervello e al midollo – racconta una di loro - Ha bisogno del mio aiuto per tutto. Non ho nessun familiare disposto ad aiutarmi,con la scusa della lontananza. Occuparmi di lei è un onore. Io la amo con tutta me stessa, dedico a lei 24 ore al giorno 7 giorni alla settimana. Per occuparmi di mia mamma sto mettendo a repentaglio il mio lavoro, la mia situazione economica sta diventando critica, sono arrabbiata perché non esiste nessun supporto, anche se sono convinta che mi sentirò ‘povera’ quando perderò tutto questo”.
“Sono una donna di mezza età – racconta un’altra caregiver familiare - che dal 2003 quasi miracolosamente ha preso in mano un ‘altra persona: la propria madre, non più autosufficiente. E’ difficile raccontare la sofferenza di una figlia, è difficile raccontare come ad un tratto si possa diventare così forti, così intelligenti da essere capaci di proteggere un essere tanto fragile e in balia delle decisioni degli altri. A volte mi sento molto stanca, frustrata, anche disperata, però non posso non continuare perché ogni giorno ho davanti agli occhi quanto la mia presenza e le mie cure siano fonte di benessere e lucidità per lei. Ho iniziato ad usare internet – racconta ancora - perché la mia sofferenza era troppo grande per essere contenuta per essere capita da chi mi circonda. Mi sono riconosciuta nei documenti scritti sui caregiver: avere qualcuno che ti riconosce ti dà forza, placa l’ira e dà nuova. Spero davvero che i caregiver familiari prendano coscienza che il loro amore pieno di difetti è sacro: ha solo bisogno di un po’ più di intelligenza emotiva da parte della società”.
E poi c’è il racconto, accorato, di “una donna che è arrivata in fondo, costretta ad abitare con mio figlio nella casa di mia madre, dopo una serie di stravolgimenti. Ho sempre sostenuto che una persona debba staccarsi dalla famiglia di origine ed essere indipendente, ma non potevo scegliere, stavo malissimo di salute. Mia madre aveva, al tempo, problemi di deambulazione, invalida al 100% con accompagnamento. Pensavo: ‘Quando mi rimetterò, andrò via’. Ma sono qui dal marzo 2007. Da circa due anni e mezzo mia madre ha evidenziato una malattia mentale, una forma di demenza senile, che non riesco ad accettare. Ci sono dei giorni in cui mi esaspera con le ossessioni, con le fissazioni o con ciò che combina. Non è giusto, io rivoglio la mia vita, poter fare tutto ciò che voglio, spirito libero ed indipendente quale sono. O ero. Mi sento così avvilita ed amareggiata… Solo quando arriverà il momento della dipartita, allora saremo di nuovo tutti uguali.. Non ho più pazienza, né gentilezza, né calma”. (cl)