28 gennaio 2014 ore: 09:54
Immigrazione

Caritas: nei campi rom aspettativa di vita inferiore di 10 anni

L’allarme lanciato oggi a Roma davanti a oltre 200 medici e operatori socio-sanitari di tutta Italia alla presentazione del libro “saluteRom. Itinerari possibili”. “Amministrazioni locali tergiversano e propongono soluzioni che non rispondono a bisogni reali”
Raffaella Maria Cosentino Nomadi, i rom del Casilino 700 occupano una ex fabbrica di birra - foto 5

I rom del "Casilino 700" sgomberati occupano una ex fabbrica di birra

ROMA – Un’aspettativa di vita di almeno 10 anni inferiore a quella della popolazione generale, alti tassi di patologie cardiovascolari, metaboliche ed osteoarticolari e una diffusione di infezioni delle vie respiratorie e intestinali con tassi che, per i bambini rom che vivono nei campi, sono proporzionali al tempo trascorso nei campi. Sono queste le condizioni di vita per i rom che vivono il disagio abitativo a Roma secondo quanto denuncia il libro “saluteRom. Itinerari possibili” realizzato dalla Caritas di Roma e presentato questa mattina durante il convegno “La salute dei rom: disuguaglianze vissute, equità rivendicata”, che vede riuniti oltre 200 medici e operatori socio-sanitari di tutte le regioni italiane e la partecipazione del cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la Diocesi di Roma, del direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, del presidente della Società italiana di medicina delle migrazioni, Mario Affronti e del direttore della Caritas di Roma, monsignor Enrico Feroci.

Il libro nasce da un’analisi della Caritas romana nell’ambito del progetto promosso dal “Tavolo Rom e Sinti” di Caritas Italiana e denuncia la “miopia delle politiche finora condotte per i rom” che hanno alimentato il già drammatico contesto di ghettizzazione ed emarginazione che questa etnia vive a causa dei pregiudizi e degli stereotipi negativi. A peggiorare le cose, il disagio abitativo. “Le realtà abitative dei campi attrezzati – spiega la Caritas romana -, aree sovraffollate e isolate dal contesto cittadino in cui proliferano degrado e rassegnazione, e degli insediamenti spontanei, fatti di baracche improvvisate in luoghi malsani e sgomberate di continuo, non solo vanno contro ogni possibilità di inserimento socio-lavorativo di queste persone, ma agiscono in modo determinante sulla salute di adulti e bambini”. Salute messa a rischio anche dalla difficoltà di accedere ai servizi sanitari caratterizzato spesso da un “abuso del pronto soccorso, diagnosi tardive, interruzione delle terapie, percorsi assistenziali discontinui e frammentari, aspetti che inducono a riflettere sulla capacità del sistema sanitario di accogliere le fasce di popolazione più vulnerabili e garantire loro le cure necessarie. Non solo per la mancanza di risorse economiche, ma anche per forme dirette e indirette di discriminazione nell’accesso ai servizi”.

Tuttavia, spiega la Caritas, di fronte a queste difficoltà, “le amministrazioni locali e le politiche sociali continuano a tergiversare o a proporre soluzioni che non rispondono ai loro bisogni reali, concentrandosi sull’allestimento di campi nomadi o sugli sgomberi di quelli abusivi”. Da 25 anni impegnata a tutela della salute dei rom, obiettivo della Caritas di Roma, spiega Feroci, “è sempre stato di aiutare il popolo romanì affinché arrivasse, con le proprie forze, ad essere artefice del proprio destino. Destino che, siamo sempre più convinti, non potrà costruire da solo, nella separazione dalla società ospitante, bensì nel dialogo, nella compartecipazione e corresponsabilità con la società gagé. Il lavoro per la promozione della salute che la Caritas porta avanti con tenacia e fedeltà si configura come paradigma di questo impegno: a partire dalla tutela di un diritto fondamentale, si costruiscono accoglienza, reti, solidarietà, dialogo, collaborazioni”.  

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