Casella, l’artista non vedente che canta il Novecento
ROMA - «Una cosa semplice semplice come pane e salame». Luca Casella, musicista e musicoterapeuta cieco, racconta senza ombra di prosopopea il suo impegno all’interno del duo Armodia. Nato nel 2010 dall’incontro tra Casella (voce e pianoforte) e Riccardo Sabatini (chitarra), nel 2020 il duo ha deciso di cambiare passo e ora punta a produrre un disco. «Facevamo essenzialmente cover», racconta Casella, che ha 47 anni e vive tra Venezia e Aosta, dove insegna canto. «L’idea di un disco è nata un anno fa grazie a Francesco Caprini, fondatore di Rock Targato Italia che, dopo averci sentito cantare, ci ha incoraggiati a realizzare qualcosa di nostro». Da qui la decisione di scandagliare il repertorio poetico tra Ottocento e Novecento, alla ricerca di opere da musicare. La prima scelta è caduta su “Le Golose”, un testo leggero e divertente scritto da Guido Gozzano nel 1907, prodotto dall’etichetta Terzo Millennio e, dallo scorso ottobre, disponibile su You Tube e sulle principali piattaforme online. A fine novembre è stata, invece, la volta de “Il vento, un brano” tratto dal componimento della poetessa simbolista Luisa Giaconi. Ed è già pronta una terza canzone, che uscirà all’inizio del 2021. Si tratta de “L’amour caché”, un’opera del poeta francese Félix Arvers che, come dice lo stesso titolo, parla di un amore mai rivelato.
«Abbiamo toccato argomenti molto diversi tra loro», spiega Casella. «Il primo, più leggero, racconta di queste signore che in pasticceria, mangiando le paste, tornano bambine. “Il vento parla” invece della morte che incalza la poetessa malata di tisi. L’ultimo brano, infine, tratta di un amore nascosto e mai dichiarato. Un sentimento inespresso che nessuno sa se, una volta rivelato, avrebbe potuto essere contraccambiato». Luca Casella è stato anche tra i protagonisti del documentario “Per altri occhi”, realizzato da Silvio Soldini nel 2013. Nella pellicola, che segue le avventure quotidiane di un gruppo di persone cieche, Casella compare innanzitutto come fotografo. «Ho perso la vista a 17 anni. E ancora oggi penso per immagini. I miei scatti nascono dalle sensazioni che provo e che, spesso, trovano corrispondenza quando mostro le foto ad altri». (A. P.)
(L’articolo è tratto dal numero di gennaio di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)