Selam Palace, la più grande occupazione di rifugiati a Roma diventa zona rossa
Da quando il pericolo sanitario legato al Covid 19 ha cominciato a diffondersi anche a Roma, Cittadini del mondo, che da oltre dieci anni offre assistenza sanitaria all’interno del Selam Palace, ha iniziato da lì a fare informazione mirata. “Abbiamo spiegato i rischi della malattia, abbiamo continuato a lavorare, ma non riuscivamo a dare i dispositivi a tutti, perché le mascherine non ci sono - spiega D’Angelo -. Mi sono rivolta a tutti in queste settimane: ho chiamato Asl, comune e regione. Ci hanno risposto con la lentezza tipica delle istituzioni, anche se il momento richiede di agire in fretta”. Sabato scorso a rispondere all’appello era stato l’elemosiniere di Papa Francesco, padre Konrad Krajewski. Insieme ai volontari dell’associazione si è recato nell’occupazione per portare beni di prima necessità (cibo, latte, acqua) ma anche guanti, mascherine, gel igienizzante, sapone, candeggina e asciugamani. “E’ stato l’unico ad ascoltarci - aggiunge la dottoressa -. Per il resto si sono attivati tutti in ritardo, sono stati veloci solo a mandare l’esercito”.
Il palazzo da ieri sera è stato isolato: non si entra e non si esce. Davanti all’ingresso c’è una macchina della polizia e una camionetta dell’esercito a controllare i movimenti. “Ci sono tante famiglie dentro spaventate - aggiunge - da stamattina mi chiamano per sapere se possono andare a fare la spesa per i bambini. C’è chi ha visite mediche di controllo da fare perché è stato operato. Ci sono persone anziane. Le informazioni che hanno ricevuto in queste ore sono frammentarie, molti sono in ansia. Si affacciano alla finestra e vedono solo esercito e rifiuti”.
L’associazione Cittadini del mondo chiede ora che sia allestito un tendone esterno alal struttura per fare il triage di controllo alle persone che vivono nel palazzo, in situazione di prossimità forzata. Ogni famiglia vive in una stanza, mediamente in 5 o 6 persone. “La asl RM2, che avevamo contatto a lungo senza esito, oggi ci chiede di andare lì ad aiutarli, ma senza metterci a disposizione i dispositivi necessari. Noi non possiamo mettere a rischio i volontari e le persone che sono lì: serve un intervnto serio - spiega D’Angelo -. Ci si deve organizzare: vanno fatti i tamponi a coloro che sicuramente hanno avuto contatti con i casi risultati positivi, e misurata la febbre a tutti due volte a giorno in una struttura esterna attrezzata. Noi rinnoviamo la nostra piena collaborazione con le istituzioni, perché come associazione conosciamo il posto e tante persone che ci vivono da anni. Ma questo non vuol dire andare lì mettendo a rischio la salute delle persone”. Intanto in queste ore uno dei ragazzi eritrei ricoverati, Zerit, è stato dimesso dall’ospedale Spallanzani e trasferito in isolamento in un albergo: “Mi ha chiamato per dirmi che sta bene - conclude D’Angelo -. Mi ha fatto anche sorridere: per la prima volta nella vita ha una stanza tutta sua”.
Quella del Selam Palace è una delle occupazioni più grandi e longeve di Roma. Nasce nel 2006 dopo lo sgombero di un altro storico edificio, l’Hotel Africa dove vivevano oltre 400 persone. L’allora amministrazione capitolina, dopo averli risgomberati, lasciò sistemare le persone negli ultimi due piani dello stabile, ex sede della facoltà di Lettere dell’università Tor Vergata. Le altre parti furono murate. Da allora vivono all’interno diverse famiglie: il numero preciso degli abitanti è difficile da definire, c’è chi parla di mille persone, chi di 500. Ci sono anziani, donne e bambini. La regione Lazio ha fatto sapere che le persone all’interno dello stabile si sono rivelate collaborative e che la Asl Roma 2 ha eseguito un sopralluogo esplorativo all’interno della struttura.