7 ottobre 2014 ore: 16:12
Non profit

Centri servizi volontariato “regionali”? Csvnet Puglia: “Un falso problema”

Sulle ipotesi di riforma interviene Luigi Russo, presidente di Csvnet Puglia. “C’è la volontà di spostare il potere di controllo nelle mani di super cupole nazionali togliendo ai Csv la possibilità di scegliere quale volontariato sostenere”
Luigi Russo. Csvnet Puglia

ROMA – “Il dibattito sulla ‘regionalizzazione dei Csv’ (Centri di servizio per il volontariato, ndr) avviato da una delibera della presidenza dell’Associazione casse di risparmio è un falso problema. Dietro c’è la volontà di spostare il potere di controllo amministrativo nelle mani di super cupole tecniche nazionali togliendo all’autonoma iniziativa dei Csv la possibilità di scegliere quale volontariato sostenere”.

È quanto afferma Luigi Russo, presidente di Csvnet Puglia, intervenendo sulla polemica sollevata dal Movi (Movimento di volontariato italiano) riguardo la possibile riforma dei Centri di servizio per il volontariato su cui stanno lavorando le Fondazioni bancarie, Csvnet e Forum del Terzo settore. Al centro delle polemiche, un documento che riporta delle linee guida di riforma date come condivise dal Forum del terzo settore, Acri e Csvnet, ma che sarebbe soltanto di un “documento ad uso interno” su cui approfondire la riflessione e non di un accordo tra le parti. Linee guida in cui si parla dell’ipotesi di una riorganizzazione territoriale dei Csv, passando dai circa 80 attuali a 21 (tra regioni e province autonome), centralizzando le funzioni di indirizzo e controllo, che verrebbero assegnate ad un Comitato nazionale, e riducendo “il numero di soggetti che operano in base all’attuale normativa”, andando così a rispondere alla riduzione delle risorse messe in campo negli ultimi anni dalle stesse fondazioni.

Per Russo, però, dietro queste scelte “non c’è una volontà di migliorare il sistema dei Csv, ma quella di utilizzare il refrain “spendere meno perché c’è la crisi” per spostare il potere di controllo amministrativo dalle mani attuali di sistemi misti di carattere regionale (i CoGe costituiti da soggetti indicati da Fondazioni-Istituzioni regionali-Volontari), a super cupole tecniche nazionali che, nelle intenzioni dichiarate dagli stessi promotori dovrebbero avere anche una capacità di indirizzo, togliendo all’autonoma iniziativa dei Csv (e quindi alla gran parte del Volontariato che è socio dei Csv) la possibilità di scegliere quale volontariato sostenere”. Sulla vicenda era intervenuto ieri anche il presidente del Csvnet, Stefano Tabò, confermando l’intenzione di avviare un processo di riforma per “arrivare pronti all’appuntamento della riforma del terzo settore”, ma anche per rispondere ad un drastico calo di risorse messe in campo dalle Fondazioni, oggi un terzo di quelle disponibili circa 10 anni fa.

Proprio sulle risorse, Russo non risparmia aspre critiche a quanti ritengono che non vengano utilizzate al meglio. “Solo chi non capisce nulla di sociale, di sussidiarietà, di cittadinanza attiva e della fatica di fare associazionismo nel senso dell’art 118 della Costituzione, ultimo comma, e magari si ritiene esperto di terzo settore e di volontariato solo perché per obbligo di legge ne sostiene le attività e sta seduto alla poltrona di un ufficio, solo chi non si sporca le mani nel sudore dell’impegno e non rischia sulla propria pelle, può pensare che queste sono risorse spese male e che quindi è meglio centralizzare a Roma il sistema istitutivo, regolativo e di controllo”.

Per Russo, è in atto un “tentativo di togliere alla base sociale del volontariato che gestisce i Csv nei territori locali la loro capacità di rimanere sistema che produce e implementa i beni comuni, secondo logiche non centralistiche”. Una “guerra centro/periferia”, ma che contrappone, spiega Russo, anche grandi enti contro piccole realtà. Ma dal sistema dei Csv, aggiunge Russo, la reazione alle notizie trapelate ieri non si è fatta attendere. “I Csv, con i suoi 700 dirigenti volontari espressione delle associazioni, cui si aggiungono i 600 dipendenti ad alta professionalizzazione, hanno mandato a dire ai vertici di Csvnet (decine di documenti e delibere approvate in questi giorni) che non ci stanno a subire in silenzio.

Il presidente Stefano Tabò ha avuto delega a trattare su precisi binari dal direttivo del 5 ottobre, che ha raccolto le indicazioni provenienti dai territori: muoversi con cautela, dialogando certo con Acri, ma anche con il ministero del Lavoro che è quello competente per la prossima riforma; esigere una volta per tutte il rispetto della straordinaria storia dei Csv in Italia e delle persone che ci lavorano con passione e spirito di abnegazione; stare dalla parte del volontariato italiano, soprattutto quello più piccolo, provinciale, territoriale da dove egli stesso proviene; essere chiaro nelle proposte e non fare pericolose fughe solitarie in avanti. L’8 novembre l’assemblea straordinaria di Csvnet glielo ripeterà con decisione”.

Secondo il presidente del Csvnet Puglia, rendere più efficienti Csv e Comitati di Gestione – il cui valore secondo Russo è “indifferibile” – è tuttavia un tema da prendere in considerazione. “Si possono mettere in campo operazioni come quella della Puglia che ha avviato da 6 anni un processo di integrazione dei Csv provinciali – spiega Russo -, con la creazione di un soggetto regionale che ha una precisa soggettività giuridica e precise deleghe di rappresentanza, che ha dato come risultato l’unione dei due Csv di Foggia, ma anche la scelta di coprogettare in campi che si prestano a una visione regionale, vincolando il 7 per cento del loro bilancio”. Secondo Russo, infine, il percorso da compiere potrebbe essere anche quello di una “confederazione”, purché sia intrapreso come “processo condiviso e interno al sistema dei Csv, non eterodiretto, non frutto di ricatti. Deve sempre essere salvaguardato il valore delle autonomie e anche la serenità delle persone coinvolte”.(ga)

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