Chiamata nominativa lavoratori disabili, presentato ricorso alla Commissione Ue
ROMA – Non arretra il fronte difensivo della legge 68/99 per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: è stato presentato oggi il ricorso alla Commissione Europea contro le nuove norme introdotte dal Jobs Act in materia di assunzioni delle persone con disabilità. Ne avevamo seguito la gestazione, fortemente voluta dall’associazione Tutti nessuno escluso, che l’11 novembre scorso era scesa in piazza, insieme ad altre realtà associative e sindacali, per difendere i diritti dei lavoratori disabili dal “rischio caporalato”. Oggi, la stessa associazione, insieme al Coordown, ha presentato il ricorso legale alla Commissione europea.
Ottenere l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano è l’obiettivo dell’iniziativa, sottoscritta dalla Consulta cittadina permanente sui problemi delle persone handicappate di Roma Capitale e da altre otto organizzazioni senza fini di lucro attive nel mondo della salute mentale e della disabilità. Anche Coordown “ha deciso di sostenere in modo formale l’iniziativa legale - afferma Sergio Silvestre, presidente Nazionale del coordinamento - perché sono mesi che esprimiamo la nostra ferma contrarietà alle modifiche introdotte dal Governo alla legge n. 68/99. Ci piacerebbe che i diritti fossero uguali per tutti, mentre l’abolizione del criterio numerico nelle procedure di assunzione va esattamente nella direzione opposta, favorisce meccanismi discriminatori e penalizza le disabilità più gravi”.
CoorDown, Tutti Nessuno Escluso e le altre associazioni ricorrenti si esprimono – lo ricordiamo - contro l’innalzamento della percentuale della chiamata nominativa al 100% e chiedono il ripristino della norma precedente, che prevedeva il 50% di chiamate nominative per le aziende da 15 a 35 dipendenti e il 60% per quelle con più di 50 dipendenti. “Quando è stato approvato il Jobs Act – spiega Virginio Massimo, Presidente di Tutti Nessuno Escluso - la nostra associazione si è subito attivata per individuare un'iniziativa che fosse al tempo stesso adeguata e concreta. È così che nasce l’idea del ricorso alla Commissione Europea. La chiamata nominativa generalizzata dà vita a una nuova forma di ‘caporalato’ e concede ai datori di lavoro la possibilità di scegliersi il disabile su misura. A ciò si aggiunga che non garantendo affatto trasparenza rischia di scatenare una ‘guerra tra poveri’ per ottenere un posto di lavoro”. (cl)