Chiusura Baobab, Cir e A Buon Diritto: “Preoccupa mancanza di alternative”
ROMA - “Non è la legittimità della scelta del Comune di Roma che discutiamo. Quello che in questo momento ci preoccupa è come attraverso quale struttura si potrà riempire il vuoto lasciato dal Centro Baobab e dai suoi volontari. Anche se il Comune di Roma ha cercato in questi giorni di trovare delle soluzioni individuali alle persone accolte al Baobab, ci domandiamo cosa succederà a quanti arriveranno da venerdì in poi”. Così Fiorella Rathaus, direttrice del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) in merito all’imminente chiusura del centro della capitale nato dopo la chiusura dell’accampamento di Ponte Mammolo. In una nota congiunta Cir e A Buon Diritto esprimono la propria preoccupazione “per le conseguenze che l’annunciata chiusura del Centro Baobab può provocare – si lette nella nota -. Vogliamo anche esprimere tutto il nostro apprezzamento per l’importantissimo e prezioso lavoro che in questi mesi hanno portato avanti, in maniera instancabile, i volontari del Centro Baobab, dando risposte in termini di accoglienza materiale a migliaia di persone, grazie a un incredibile movimento di partecipazione popolare. Siamo convinti che questa sia un'esperienza che deve essere fortemente valorizzata e non dispersa”.
Forte il timore delle due organizzazioni che le soluzioni trovate dal comune di Roma non siano adatte per i cosiddetti transitanti. “Temiamo che le soluzioni identificate dal Comune di Roma, da subito il centro di Via del Frantoio e da gennaio l’annunciato, ma ad oggi assolutamente infruibile, Centro Ferrhotel a Tiburtina, non corrispondano alle esigenze di questa particolare categoria di rifugiati”. A testimoniare le difficoltà nell’accoglienza, l’esperienza sul campo dell’associazione A Buon Diritto. “Nei mesi in cui abbiamo realizzato l’attività di sportello legale abbiamo incontrato moltissime persone - dichiara Valentina Brinis di A buon diritto -, ma nessuna si è voluta mai spostare nel tendone della Croce Rossa. Senza un riconoscimento reale da parte dei rifugiati si rischia che questi centri rimangano vuoti”.
Per le due organizzazioni, il problema dei transitanti va ben oltre il Baobab e la sua chiusura: rappresenta “l’evidenza del fallimento del Regolamento Dublino – aggiunge la nota - e delle difficoltà che purtroppo anche la misura del ricollocamento sta incontrando. Molta è la resistenza dei rifugiati eritrei (i principali destinatari in Italia) di aderire a un programma che non da alcuna chiarezza preventiva rispetto a quale sarà il paese di accoglienza”. Per Rathaus, occorre assicurare dei “punti fermi” per superare l’attuale crisi del sistema d’asilo europeo. “L’identificazione di tutti quelli che entrano in Europa – spiega -, la garanzia dell’accesso alla procedura d’asilo per tutti coloro che manifesteranno la volontà di essere protetti, ma anche la possibilità di prendere in considerazione il principio di autodeterminazione che guida i richiedenti asilo e rifugiati. Per questo motivo chiediamo che nel processo di ricollocamento venga dato un maggiore peso ai legami individuali che i richiedenti asilo hanno con un determinato Paese e, soprattutto, che venga finalmente introdotto lo status di rifugiato europeo. Se le persone potessero liberamente muoversi per l’Europa, una volta riconosciuto il loro diritto alla protezione internazionale, non avremmo bisogno di nessun centro Baobab”.