Chiusura Opg. Corleone: "Missione compiuta, ma ora monitorare le Rems"
ROMA – “Missione compiuta”: aver chiuso gli Ospedali psichiatrici giudiziari è stata una “rivoluzione culturale e sociale” ma non basta, occorre definire con chiarezza la natura delle Rems. È questo l’appello che il Commissario unico per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, Franco Corleone, affida alla Seconda Relazione semestrale sulle attività svolte nel suo secondo mandato (conclusosi nei giorni scorsi) consegnata al governo. Con l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (di cui la chiusura è ormai prossima), quindi, si conclude l’ultimo capitolo di una “istituzione totale per eccellenza: manicomio e carcere insieme”, ma allo stesso tempo apre una riflessione su quello che sono e saranno le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza.
Quadro Rems per Regione |
La relazione non è un mero bilancio degli ultimi sei mesi, quanto una traccia per la definizione di quella che sarà la nuova sfida per il paese, ovvero la corretta impostazione delle Rems. Un compito non da poco, i cui criteri vanno individuati e condivisi nel più breve tempo possibile. “Le Rems – spiega Corleone nel testo -, si troveranno a fare i conti con casi difficili, tanto che alcuni operatori hanno ipotizzato Rems ad alta intensità di cura. Definizione che potrebbe fare da ipocrita velo a un nuovo ibrido, dove la cura si intreccia, e infine soggiace, alla logica manicomiale e alla pratica dell’internamento. Le basi concettuali e pratiche di un modello come le Rems, affinché evitino il rischio di diventare nuovi Opg, sono invece la territorialità e il numero chiuso, il rifiuto della coercizione, in particolare la contenzione, e la consapevolezza che la permanenza nella struttura deve avere un tempo definito”.
Sono 30 le Rems attive ad oggi, con 604 posti letto e 569 pazienti presenti. In totale, i pazienti accolti sono stati 950, di cui 415 quelli dimessi. Da un rapido sguardo alle tabelle riportate nella relazione, però, si può notare che tra le diverse Rems e regioni d’Italia ci sono differenze notevoli. Si va dai numeri record di Castiglione delle Stiviere, in Lombardia, dove ci sono 120 posti letto e 121 presenze, alla Rems di Udine, in Friuli Venezia Giulia, dove i due posti disponibili attualmente solo liberi essendo stati dimessi i pazienti. A tener testa a Castiglione, come capacità di posti letto, solo la Rems di Nogara, con 40 posti. In tutte le altre si va dai dieci posti circa ai venti. E’ la Lombardia, quindi, la regione con il maggio numero di posti letti (i 120 di Castiglione delle Stiviere), segue il Lazio (91) e la Campania (68), ma tra le tabelle emerge anche il primato della Sicilia per quanto riguarda le misure di sicurezza in attesa di essere eseguite: sono 81. “Si tratta di numeri in continua crescita che stanno mettendo a dura prova l’intero sistema con il rischio di far fallire la Riforma – si legge nella relazione -. Bisognerebbe iniziare a pensare che le misure di sicurezze detentive del ricovero in Rems debbano essere assegnate come extrema ratio”.
Tra i dati raccolti dalla seconda relazione, quelli delle persone “fuori regione”, ovvero quelle ospitate in Rems non ubicate nella propria regione di residenza. Numeri che non preoccupano, cioè 16 unità, mentre sono più allarmanti quelli dei senza fissa dimora presenti nelle Rems: sono 47, di cui 38 stranieri e 9 italiani. Anche la presenza femminile nelle Rems è un tema che dovrà essere affrontato, spiega la relazione. Attualmente sono 46 le donne presenti in diverse strutture. La Rems che ne ospita di più è quella di Castiglione delle Stiviere (14). “La dimensione della presenza femminile rappresenta meno del 10 per cento delle presenze nelle Rems – si legge nella relazione -. Solo dodici strutture ospitano donne. Pontecorvo è una Rems solo femminile e a Castiglione delle Stiviere è dedicato un reparto esclusivamente per donne. Nelle altre dieci strutture la presenza femminile è assai poco consistente rispetto al numero degli uomini ospitati. Occorre evitare che questa condizione assuma un carattere di residualità. Il rischio della marginalità e dell’annullamento della differenza di genere esige una particolare attenzione per valorizzare tempi, spazi e attività corrispondenti alle esigenze e agli interessi delle donne”.
C’è poi l’orizzonte delle Rems “definitive” ancora da raggiungere, il cui quadro, spiega la relazione è “ancora incerto e a macchia di leopardo”. Le Rems provvisorie, infatti, sono ancora molte: su 30 solo sei sono definitive. “Per molte deve essere ancora attivato il bando – si legge nel testo -, la procedura di appalto e tutti gli altri adempimenti. Si può stimare che tutte le Rems saranno definitive, non prima di due anni”. Intanto, mentre si progettano strutture che possano rifiutare le “caratteristiche proprie delle strutture ospedaliere o, peggio, delle istituzioni totali”, per il commissario sarebbe bene “eliminare la presenza di fili spinati e di inferriate” da quelle esistenti.
Al di là dell’organizzazione architettonica degli spazi, però, per Corleone occorre “monitorare e tenere sotto stretta sorveglianza” l’evoluzione delle Rems. “Andranno dotate di un regolamento chiaro – spiega -, di garanzia e unico per tutte le strutture”. Per Corleone, infatti, “non basta parlare di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Occorre mettere in discussione sino in fondo quella logica manicomiale che era a fondamento degli Opg stessi”. Per il Commissario, inoltre, è “indispensabile” che sia il Parlamento a farsi carico dei nodi da sciogliere. “Occorre definire la natura delle Rems che dovrebbero essere luoghi solo per persone con misura di sicurezza definitiva. Vi è la necessità di prevedere una revisione delle misure di sicurezza di cui si è occupato il Tavolo 11 degli Stati Generali del carcere ma è necessario un intervento d’urgenza come quello indicato dall’emendamento De Biasi per il provvedimento al Senato sulla legge delega. Oggi trenta Rems devono fare i conti con le richieste di misure di sicurezza provvisorie disposte in gran parte dalla magistratura di Cognizione e hanno trenta magistrature di Sorveglianza, trenta Prefetti, trenta Questori con cui confrontarsi”. L’aver archiviato la questione Opg, quindi, non significa aver finito il lavoro. Sul tema salute mentale e carcere ci sarà ancora molto da fare. (ga)