25 febbraio 2015 ore: 15:51
Immigrazione

Cie, la Commissione diritti umani del Senato: "Clima ad altissima tensione"

Duro il giudizio della Commissione diritti umani del Senato: popolazione troppo eterogenea e promiscua. Si va dagli stranieri a cui non è stato rinnovato il permesso di soggiorno agli ex dei detenuti, dai richiedenti asilo ai neo maggiorenni
Cie, filo spinato, immigrazione

ROMA – C’è un clima ad altissima tensione all’interno dei 5 Centri di identificazione ed espulsione (Cie) presenti sul territorio italiano a causa dell’eterogeneità e promiscuità delle persone in essi rinchiuse. È quanto ha denunciato, questo pomeriggio a Roma, la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato attraverso il rapporto sui Cie che va ad aggiornare la fotografia presentata, sempre dalla Commissione, lo scorso settembre. All’interno dei Centri, si legge nel rapporto, convivono “persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che non avendo più rinnovato il permesso di soggiorno per le ragioni più diverse, sono diventate irregolari (cosiddetti overstayer), ex-detenuti che, scontata la pena, sono stati poi trasferiti nei Cie in attesa di identificazione o di rimpatrio e richiedenti asilo che hanno potuto formalizzare la propria domanda solo dopo avere ricevuto un provvedimento di respingimento ed espulsione”. Una situazione legata – secondo la Commissione – alla rigidità della normativa italiana in materia di immigrazione, per cui è sufficiente che uno straniero perda il lavoro o non gli venga rinnovato il permesso di soggiorno per più di 12 mesi per diventare irregolare.

“Molte situazioni possono essere sanate e definite in maniera più veloce rispetto alle procedure attualmente previste – chiosa la Commissione –. Per chi è destinato all’espulsione dopo l’esecuzione della pena in carcere, va resa operativa e praticabile la disposizione prevista dal decreto Cancellieri del dicembre 2013 relativa all’accertamento dell’identità all’interno degli istituti penitenziari”. Mentre per chi ha un figlio minore “sulle esigenze di sicurezza prevale il principio dell'unità familiare e il minore ha il diritto di vivere con il genitore”. Ma tale procedura deve essere attuata previa domanda al tribunale per i minorenni. che può impiegare molto settimane a fornire una risposta. “E così il genitore si ritrova a trascorrere diversi mesi all'interno del Cie in attesa del parere del tribunale. Un intervento del giudice di pace che non convalidi il trattenimento sarebbe più veloce ed eviterebbe settimane o mesi di privazione della libertà”. Tra i casi in cui il trattenimento potrebbe essere evitato vi è poi quello di persone rom, possibili titolari dello status di apolide in quanto provenienti dalla ex-Jugoslavia. “Nel centro di Ponte Galeria si trovava trattenuta una donna di 60 anni, madre di 9 figli, che viveva in Italia da 40 – svela la Commissione –. La donna è uscita dopo 2 mesi perché l’avvocato è riuscito ad ottenere il provvedimento di sospensiva, e perché nel frattempo aveva presentato domanda di apolidia”.

Tra i trattenuti, anche persone nate e cresciute in Italia. Uno tra i casi più paradossali è quello di chi, pur avendo sempre avuto un permesso di soggiorno, al compimento dei 18 anni non è riuscito a rinnovarlo oppure il caso di chi è nato in Italia ma non è mai stato regolare. “Il passaggio alla maggiore età è un momento critico – spiega il rapporto – perché il permesso di soggiorno deve essere legato alla frequentazione di un corso di studi oppure alla firma di un contratto di lavoro. Ma non è detto che queste due condizioni ci siano. Non è raro il caso di chi, nonostante sia in Italia da molti anni e qui abbia portato avanti un percorso di formazione e di vita, rischi di essere rimpatriato”. In molti casi, infine, la Commissione si è imbattuta in persone trattenute nei Centri che si trovavano in condizione di estrema vulnerabilità psicologica e fisica. In situazioni di questo tipo il trattenimento “provoca evidentemente un aggravio della loro condizione psico-fisica”, rivelandosi spesso inutile ai fini dell’identificazione. “In questi casi è il questore che dovrebbe intervenire, previa certificazione di un medico, con un provvedimento che consente il rilascio immediato per incompatibilità con il trattenimento o concedendo un permesso di soggiorno per motivi umanitari direttamente, senza attivare la procedura della protezione internazionale”. (ap) 

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