Cinevasioni: commozione e applausi nel primo giorno del festival in carcere
Filippo Vendemmiati, Claudia Clementi, Angelita Fiore
BOLOGNA - “È particolare, vero, come ingresso in una cineteca?”, chiede emozionato Filippo Vendemmiati, direttore artistico di Cinevasioni, il primo Festival del cinema in carcere, che ha aperto oggi i battenti in Dozza. In effetti, non ci sono tappeti rossi, nessuna promenade: qui ci sono le cassettine di sicurezza in cui lasciare il cellulare e 4 cancelli blu che ti si chiudono alle spalle. Qui siamo nell’istituto penitenziario del capoluogo, teatro da oggi a sabato 14 maggio della prima edizione di Cinevasioni. Più di 120 sedie, il maxischermo, le luci, i microfoni: la sala è allestita ad hoc. “Diciamo che questa è una sala polivalente – spiega Claudia Clementi, direttrice della Dozza –. Spesso ospita il laboratorio di edilizia: si costruiscono e si abbattono muri, per imparare. Ma oggi è stata trasformata in una sala proiezioni”. E poi incuriosita aggiunge: “Lei per caso ha avuto problemi con i documenti all’ingresso? Sa, è il primo giorno, dobbiamo tararci. Anche sugli orari, dobbiamo per forza rispettarli”.
Filippo Vendemmiati, Claudia Clementi, Angelita Fiore |
I primi ad arrivare sono Rodolfo, Davide e Catalin, tre dei detenuti membri della giuria presieduta dall’attore Ivano Marescotti. Anche loro emozionatissimi, per prima cosa salutano Angelita Fiore, direttrice scientifica del festival: “Allora siete pronti?” chiede, mentre li accompagna in postazione e consegna loro il pass da giurati. Per loro sono state riservate le prime tre file. “Prontissimi – rispondono –. Abbiamo aspettato a lungo questo momento”, e intanto prendono la cartella con tutto il materiale.
In pochi minuti la sala si riempie: arrivano gli studenti del Dams, del Liceo Laura Bassi e dell’Istituto Rubbiani. Contemporaneamente, prende posto tra il pubblico una quarantina di detenuti. “A ogni proiezione ruoteranno, in modo che tutti abbiamo la possibilità di partecipare”, sottolinea Clementi. Catalin, uno dei giurati, spiega a un amico seduto in platea come funziona il festival, raccomandandogli alcune proiezioni: la loro attenzione si sofferma su “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti, film rivelazione che ha fatto incetta di premi agli ultimi David di Donatello. E in effetti, la selezione dei film in concorso è quella delle grandi occasioni: “Abbiamo ricevuto adesioni importanti: speriamo di riuscire ad accontentare tutti – commenta Vendemmiati prima di prendere ufficialmente la parola –. Dichiaro aperto il primo festival del cinema in carcere Cinevasioni”, scandisce sotto gli applausi.
Le luci si abbassano e parte “La sfida”, la sigla del festival, ideata e girata come saggio finale del laboratorio di cinema CiakinCarcere, partito in Dozza lo scorso ottobre. Come attori e sceneggiatori, i componenti della giuria di Cinevasioni. Il pubblico sorride, ammicca, felice di vedersi sul grande schermo. Subito dopo, i titoli di testa di “Dio esiste e vive a Bruxelles” del regista belga Jaco van Dormael, pellicola d’apertura: protagonisti, Dio, suo figlia Ea, sua moglie e Victor, incaricato dalla piccola Ea di scrivere il nuovo Nuovo Testamento. La commedia strappa tante risate in sala, commenti sottovoce, battute maliziose. L’atmosfera è rilassata e divertita. Solo in un passaggio tutti fanno silenzio: quando Ea racconta la storia di Victor, senzatetto che, dopo essere stato 6 mesi in prigione per essersi trovato “al momento sbagliato nel posto sbagliato”, riesce a dormire solo se sopra la sua testa non ci sono che le stelle e il cielo. “Non può sopportare l’idea di avere un tetto sulla testa per paura di svegliarsi e di non sapere come fare a uscire”.
Dopo un paio d’ore, le luci si riaccendono e cominciano le domande ad Andrea Romeo, distributore del film. Il primo a prendere la parola è un giurato: “Qual è stato lo spunto che ha spinto il regista a partire con il progetto?”. Romeo spiega la posizione di van Dormael, cattolico di formazione ma sicuramente dissacrante nel film. Il tema della religione, della rappresentazione di Dio, del suo essere un uomo anche molto burbero, della collocazione del Paradiso e dell’Inferno appassionano il pubblico che apre una riflessione. Un detenuto chiede: “Come fa un regista di formazione cattolica a rappresentare Dio come un uomo?”; un altro aggiunge: “Quindi questo film ha guadagnato molto bene pur non essendo un film sui supereroi? Ottimo. Anche se poi, a dir la verità, Dio è il primo supereroe”.
Finita la conferenza, i primi a uscire sono i detenuti: uno di loro si ferma per un saluto al volo a una ragazza del pubblico esterno. In due si incantano a guardare i tecnici del montaggio, prima di riprendersi e accelerare il passo per raggiungere gli altri. Escono anche i giurati, pronti a tornare solo poche ore dopo in occasione de “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone, ospite in Dozza dopo la proiezione. Mentre camminano si scambiamo impressioni ed emozioni sul film appena visto: per qualcuno è ancora troppo presto per sbilanciarsi, bisogna prima trovare un metro di giudizio equo.
“Oggi abbiamo voluto aprire con due specie di favole – spiega Vendemmiati –. Domani ci saranno 3 proiezioni sull’immigrazione, tema molto caro ai nostri ospiti. Poi vedremo pellicole di eroi e supereroi. Ci sarà anche “Chiamatemi Francesco”, il film di Daniele Luchetti su papa Bergoglio, un film fortemente voluto dai detenuti. E chiuderà, fuori concorso, “Non essere cattivo”, opera postuma di Claudio Caligari. In pratica, non siamo che all’inizio. Ma il ghiaccio è rotto, no?”, chiede con fiducia ai giurati. Tutti annuiscono, con gli occhi che brillano: ora, però, non c’è tempo da perdere. Si pranza in fretta e si torna al lavoro. (Ambra Notari)