Cittadinanza, Beni (Arci): “Non si può equiparare il terrorismo all’alcol test”
Padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, punta invece il dito sulle conseguenze del pacchetto sicurezza sui rifugiati. “La storia di Fadi aiuta a dire ancora una volta che senso ha il pacchetto sicurezza che penalizza persone già inserite nel territorio – sostiene La Manna – in Italia manca una volontà onesta di governare il fenomeno, un rifugiato non sceglie di venire in Italia perché sta scappando. Rendiamo la vita quotidiana di queste persone più difficile in un momento di grave crisi economica”. Infine, secondo Stefano Galieni della rete Primo Marzo, il problema di Fadi non è la multa pagata ed estinta, ma la nazionalità palestinese del giovane profugo. “Il problema della normativa attuale è che è totalmente discrezionale, passando prima da controlli del Sismi, del Sisde, della questura per arrivare a un nullaosta in cui si dice che la persona è socialmente compatibile e integrato, solo a quel punto ritorna al Ministero dell’Interno – spiega Galieni – Per esperienza, prima del reato commesso pesa il paese d’origine. Conosco il caso di un regista algerino scappato dal terrorismo che ha ricevuto un diniego perché il paese di provenienza non garantiva la validità della sua documentazione”. Nel caso di un rifugiato palestinese, però, le cose si fanno più gravi perché totalmente privo di qualsiasi cittadinanza. “Appartiene a quella schiera di persone nel limbo – commenta Galieni – fino a quando non ci sarà uno stato palestinese o non cambierà la legge sulla cittadinanza. Per questo è importante la nuova proposta che abbiamo fatto, perché mette paletti precisi non soggetti alla valutazione delle questure, la cittadinanza italiana diventa un diritto e non più una concessione del presidente della Repubblica”. (raffaella cosentino )