22 settembre 2011 ore: 17:09
Economia

Cittadinanza, Beni (Arci): “Non si può equiparare il terrorismo all’alcol test”

Le reazioni alla storia della cittadinanza negata a un rifugiato palestinese, raccontata da Redattore Sociale. Sarubbi: “Molti casi come questo”. Padre La Manna: “Un rifugiato non sceglie di venire in Italia, scappa”
ROMA - Al banchetto di firme per la campagna “L’Italia sono anch’io” sono tante le reazioni alla storia di Fadi, il palestinese che ricevuto un diniego per una multa, a causa del pacchetto sicurezza. “Non si può mettere il terrorismo alla pari di una multa per l’alcol test - afferma Paolo Beni, presidente Arci – cambiando la legge proponiamo di dare dei requisiti certi e togliamo la discrezionalità in mano al Ministero dell’Interno. La legge attuale è discriminante perché frappone quantità di ostacoli temporali e procedurali e di conseguenza discrimina sui diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione fra cittadini formali e cittadini sostanziali”. Il deputato Pd Andrea Sarubbi, firmatario di una proposta di modifiche alla legge bipartisan ma ferma da due anni in parlamento, parte dal caso di Fadi per farne una vicenda emblematica di tante altre storie sconosciute. “Nella mia esperienza ho sentito molte situazioni come questa e mi sembra che l’atteggiamento del Ministero dell’Interno sia quello di mettere ostacoli ai limiti del cavilloso – dice il parlamentare – sono molte le pratiche dimenticate nei cassetti. Al problema delle legge che fa acqua, si aggiunge la burocrazia. Ci sono mille motivi per non concedere la cittadinanza e se ne trova sempre uno nuovo, per una persona che fa richiesta tutto questo è scoraggiante”.
 
Padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, punta invece il dito sulle conseguenze del pacchetto sicurezza sui rifugiati. “La storia di Fadi aiuta a dire ancora una volta che senso ha il pacchetto sicurezza che penalizza persone già inserite nel territorio – sostiene La Manna – in Italia manca una volontà onesta di governare il fenomeno, un rifugiato non sceglie di venire in Italia perché sta scappando. Rendiamo la vita quotidiana di queste persone più difficile in un momento di grave crisi economica”. Infine, secondo Stefano Galieni della rete Primo Marzo, il problema di Fadi non è la multa pagata ed estinta, ma la nazionalità palestinese del giovane profugo. “Il problema della normativa attuale è che è totalmente discrezionale, passando prima da controlli del Sismi, del Sisde, della questura per arrivare a un nullaosta in cui si dice che la persona è socialmente compatibile e integrato, solo a quel punto ritorna al Ministero dell’Interno – spiega Galieni – Per esperienza, prima del reato commesso pesa il paese d’origine. Conosco il caso di un regista algerino scappato dal terrorismo che ha ricevuto un diniego perché il paese di provenienza non garantiva la validità della sua documentazione”. Nel caso di un rifugiato palestinese, però, le cose si fanno più gravi perché totalmente privo di qualsiasi cittadinanza. “Appartiene a quella schiera di persone nel limbo – commenta Galieni – fino a quando non ci sarà uno stato palestinese o non cambierà la legge sulla cittadinanza. Per questo è importante la nuova proposta che abbiamo fatto, perché mette paletti precisi non soggetti alla valutazione delle questure, la cittadinanza italiana diventa un diritto e non più una concessione del presidente della Repubblica”. (raffaella cosentino )
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