2 ottobre 2023 ore: 16:20
Economia

Cooperazione, la partnership paritaria per decolonizzare l’aiuto allo sviluppo

Un workshop organizzato da Comunità Solidali nel Mondo ha messo a tema le richieste di autonomia provenienti dai partner del sud del mondo: “Necessario che la cooperazione non riproduca schemi di tipo coloniale”. Ancora oggi in Africa crescono povertà e denutrizione: il ruolo delle ong e la sfida di fronte alle migrazioni
Marco Palombi chukuana evento comunita solidali nel mondo palombi africa
ROMA - La condizione attuale del continente africano, le disuguaglianze ancora in crescita, la migrazione dei popoli del sud verso il nord del mondo. Gli effetti a lungo termine del colonialismo europeo, il fallimento delle élites africane, l’azione e il ruolo svolto dalle organizzazioni non governative, il tutto di fronte alla richiesta di autonomia e indipendenza proveniente dai partner locali che chiama le stesse ong ad una risposta non semplice ma necessaria. Il tema della decolonizzazione e del futuro della cooperazione internazionale è stato affrontato nei giorni scorsi in occasione del workshop “Chukuana – Decolonizzare davvero”, organizzato da Comunità Solidali nel Mondo nell’ambito di una tre giorni a Roma animata anche da incontri con gli studenti della scuole e dalla mostra fotografica di Marco Palombi, autore di una serie di scatti colti durante un viaggio in Tanzania insieme allo staff della ong. Il termine "chukuana" sta, in lingua swahili, per "aiutarsi reciprocamente".

Il presidente dell’organizzazione, Michelangelo Chiurchiù, nel ricordare la “vergognosa e criminale pagina del colonialismo italiano” in Africa, ha sottolineato come di fronte alla crescente disuguaglianza fra nord e sud globale arriva netta la rivendicazione di indipendenza verso il mondo occidentale che esprimono sempre più convintamente i giovani africani. Di fronte alle condizioni strutturali del mondo e all'evoluzione demografica - ha affermato - assisteremo in futuro ad una massiccia trasmigrazione dei popoli dal sud al nord del mondo. Abbiamo una sola possibilità che questa trasmigrazione non si traduca in un evento traumatico e violento per i nostri figli, i nostri nipoti e per la nostra civiltà: costruire fin d'ora, da subito, un modello di convivenza e di collaborazione organico con il Sud globale per far dimenticare il prima possibile il modello di prevaricazione e di dominazione imperiale che abbiamo adottato finora". E, ha sottolineato, il ruolo delle ong sul campo è quello di perseguire l'obiettivo del cambiamento strutturale, il che implica il pieno coinvolgimento delle comunità e una partnership paritaria con le organizzazioni locali”.

La situazione attuale – ha ricordato Pasquale De Muro, economista, docente di Economia dello sviluppo umano all’Università Roma Tre – vede oltre 700 milioni di persone in tutto il mondo che soffrono la fame: “Dal 2014 il numero di quanti non assumono le calorie giornaliere necessarie è cresciuto e la gran parte di questo aumento si riferisce proprio all’Africa, unico continente nel quale aumenta anche la povertà”. Si tratta - scandisce De Muro - di un gravissimo fallimento (del quale peraltro si parla molto poco) della comunità internazionale, dei governi, delle agenzie internazionali e della stessa società civile”. De Muro ha fatto notare che non si tratta di una questione di carenza di alimenti: “A livello mondiale il cibo è disponibile, ma nei fatti non è realmente accessibile”, a causa di un sistema alimentare di produzione e di distribuzione gestito dalle grandi industrie dell’agricoltura che non tiene conto delle popolazioni e impone il proprio gioco anche ad organizzazioni sovranazionali come la Fao.

Nel continente – ha allora sintetizzato il politico e saggista Jean-Léonard Touadi – si osserva oggi una grande “frustrazione sociale, economica e politica” dei popoli, soli di fronte ai meccanismi internazionali della globalizzazione e al tempo stesso soli anche di fronte alle loro élites, che hanno tradito le speranze di un’Africa nuova”. Serve urgentemente una “leadership politica nuova che sia obbediente ai loro popoli, cioè che si ponga in ascolto profondo dei loro popoli”, come pochi hanno fatto in passato. E alla creazione di questa nuova leadership politica, secondo Touadi, potrebbero dare il proprio contributo anche le ong attive nel continente: “Esse sono interlocutori dei governi ma partner dei popoli e delle comunità: dedicare un pezzo delle attività alla formazione di una classe politica nuova capace di captare le istanze più profonde di un popolo che chiede una democrazia che parta dalla soddisfazione dei bisogni essenziali”. 

Oltre al processo di decolonizzazione storica - ha sottolineato Francesco Petrelli, responsabile Relazioni internazionali di Oxfam Italia - c’è bisogno di “vivere un processo di decolonialità, cioè di uscita da quella prospettiva di superiorità che ha determinato culturalmente gli eventi storici e che ha imposto di fatto un sistema di disuguaglianza, a volte interiorizzata perfino da quegli individui e da quelle popolazioni che erano state colonizzate”. Il lavoro da fare dunque è quello di progettazioni dentro una cooperazione diversa, decolonizzata, in cui la parola chiave è la partnership e lo sviluppo (visto come un processo) deve mobilitare il capitale sociale esistente e avere al centro la ownership, la capacità di autodeterminazione delle persone, il determinarsi il proprio destino e il proprio futuro. Un’esigenza che vale dappertutto, ad ogni latitudine. La decolonizzazione - sintetizza Petrelli - è stata quella dei nostri padri, la decolonialità riguarda noi nel nostro prossimo futuro: una sfida complicata ma inevitabile”. 

Ivana Borsotto, presidente di Focsiv (Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana), ha affermato che “noi che facciamo cooperazione e abbiamo i piedi ben saldi nel terreno vediamo l’avversità e l’ostilità che i giovani africani maturano nei confronti dell’Europa: ma del resto mandiamo loro i nostri rifiuti, facciamo accordi con i loro dittatori, non li salviamo quando stanno affogando e non diamo loro alcun modo di entrare in Europa…”. La decolonizzazione – ha argomentato Borsotto - è chiaramente un tema collegato alla migrazione, che è un diritto. Ma le politiche migratorie sono efficaci se iniziano dal paese di partenza: questa è l’importanza della cooperazione, che costruisce i percorsi, che nasce per condividere analisi e far nascere politiche locali. E in questo senso le ong possono essere parte della soluzione del problema, perchè essendo presenti nei paesi di partenza possono informare, formare e preparare i percorsi migratori. E’ il lavoro della migrazione consapevole”. Da Focsiv è arrivato anche l’impegno per il rilancio della Campagna 070, volta a porre nell’agenda politica nazionale il rispetto di un impegno assunto a livello internazionale: destinare lo 0.70% della ricchezza nazionale all’aiuto allo sviluppo. “Vogliamo dialogare, con una postura di totale e assoluta fiducia nelle Istituzioni e nei partiti, per far sì che ci si assuma questo obiettivo, in modo graduale: mancano all’appello circa 5 miliardi e sappiamo che sono necessari più anni per arrivarci”.
 
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