Cop29 clima, Legambiente: “Chiediamo accordo ambizioso per tutelare biodiversità”
ROMA – “È grave e preoccupante – commenta Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente – il mancato accordo su come finanziare la protezione della natura nei paesi poveri con cui si è conclusa a Cali, in Colombia, la Cop16 sulla biodiversità. In un momento storico in cui la crisi climatica ha accelerato il passo, con effetti sempre più impattanti su ambiente e perdita di biodiversità, sarebbe stato fondamentale dare un segnale importante con un solido accordo finanziario lanciando, così, un messaggio chiaro e preciso anche in vista della prossima Cop29 sul clima in programma a Baku, in Azerbaijan, dall’11 al 22 novembre. Invece tutto ciò non è accaduto e ora si rischia di non dare concretezza finanziaria all’accordo di Kunming-Montreal, raggiunto in Canada alla Cop15. Per proteggere il 30% della biodiversità entro il 2030 è chiaro ed evidente che servono risorse economiche e finanziamenti, ma anche interventi strutturati non più rimandabili che ad oggi mancano all’appello. Persino il nostro Paese, tra quelli più ricchi di biodiversità, è in ritardo sulla messa in campo di interventi di questo tipo. Ogni ritardo e ogni mancato accordo internazionale è un danno che facciamo al nostro Pianeta, all’ambiente e alla biodiversità che risente della crisi climatica, dell’inquinamento, delle specie aliene e delle attività antropiche. Per questo in vista della Cop29, che inizierà tra una settimana a Baku, lanciamo un appello affinché nel vertice internazionale sul clima si arrivi a un accordo ambizioso sulla nuova architettura finanziaria che metta a disposizione dei Paesi poveri e vulnerabili adeguate risorse per poter tutelare anche la biodiversità e fronteggiare così con più efficacia l'emergenza climatica”.
Per quanto riguarda gli altri punti emersi da questo Cop16, sono poche per Legambiente le luci emerse tra diverse criticità. Tra queste il Cali Fund, fondo che nasce per compensare quei Paesi le cui informazioni genetiche sono utilizzate dall’industria per fare profitti colossali. Mentre i dettagli di erogazione non sono stati ancora definiti, è stato concordato che il 50% del fondo sarà assegnato alle popolazioni indigene e alle comunità locali, direttamente o tramite i governi. È un riconoscimento dei popoli che, per millenni, hanno convissuto, gestito e arricchito la biodiversità attraverso le conoscenze tradizionali. Un fondo che però ancora una volta è su base volontaria senza alcun obbligo. Quindi una criticità ancora una volta in un provvedimento significativo.
L'altro punto di interesse riguarda i passi in avanti nella protezione del mare: nella Cop 16 è stato approvato l’accordo globale per identificare e conservare le Ecologically or Biologically Significant Marine Areas (EBSA - Aree Marine di Importanza Ecologica). La notizia è importante anche per l'Italia perché tra le EBSA identificate nel Mediterraneo c'è anche quella degli ecosistemi pelagici del Mediterraneo nord-occidentale che comprende anche il nord della Sardegna, il Mar Tirreno settentrionale, l'Arcipelago toscano, gran parte della costa toscana e la Liguria; ma anche qui non mancano le criticità rappresentate dal fatto che non ci si può però accontentare di aree identificate sulla carta. Per dare un contributo fattivo all'obiettivo 30% occorre che si disponga misure e obiettivi di conservazione e che venga istituito un efficace sistema di monitoraggio per valutare l’efficacia della governance, della gestione e delle misure di conservazione della biodiversità.