Corridoi umanitari, arrivati a Roma 93 rifugiati siriani. "Il volto bello dell'Italia"
ROMA - C’è chi arriva facendo il segno di vittoria, chi grida “Hurriya (Libertà)", chi ripete solo "grazie" e chi, invece, non riesce a trattenere le lacrime. Sono 93 i rifugiati siriani arrivati questa mattina a Fiumicino con un regolare volo di linea Beirut- Roma, organizzato nell’ambito dell’iniziativa dei corridoi umanitari di Sant’Egidio, Tavola valdese e Chiese evangeliche. In tutto 24 famiglie, tra cui 41 bambini: la più anziana è una donna di 71 anni, il più piccolo un bambino di pochi mesi. Arrivano da Homs, Aleppo, Hama, Damasco e Tartous: la maggior parte sono musulmani, ma ci sono anche alcuni cristiani. Hanno tutti vissuto, in media, per tre anni in Libano, in piccoli campi spontanei, come quello di Tel Abbas, nel nord del paese, a pochi chilometri dalla Siria, o in altri alloggi di fortuna. Fino a questa mattina quando da Beirut hanno preso il volo che finalmente li avrebbe portati in Italia, e in Europa, dopo aver ottenuto un visto umanitario a territorialità limitata dall’ambasciata italiana in Libano. “Fino a due anni fa anche noi pensavamo di prendere la via del mare, di rischiare la vita – racconta Fausi, uno dei richiedenti protezione - Grazie a Dio siamo stati fermati, e grazie a questa operazione siamo riusciti a partire per l’Europa in maniera sicura”.
- Mariam è la più anziana con i suoi 71 anni, gli ultimi dei quali vissuti da sfollata. Al terminal 5 di Fiumicino ad accoglierla c'è uno dei suoi nipoti che da anni vive in Svezia. A Roma si occuperanno di lei due anziani in un progetto di solidarietà tra coetanei. Ma stamattina ad arrivare all’aeroporto romano anche tanti bambini siriani, alcuni piccolissimi. Tra loro Diya, 10 anni che come Falak, la bambina di 7 anni e malata di tumore, arrivata con il primo corridoio umanitario di inizio febbraio, è in Italia per ricevere cure. Diya ha infatti perso una gamba, nell’esplosione di una bomba a Homs. “Stava giocando davanti casa quando è esplosa – racconta la mamma Kadija – E’ stato terribile, spero che in Italia possa ricevere le cure di cui ha bisogno ma anche studiare e tornare a giocare normalmente come tutti gli altri bambini”. La famiglia verrà accolta ad Aprilia, vicino Roma ma dell’assistenza medica si occuperà il centro protesi Inail di Vigorso di Budrio, che costruirà una protesi a Dyia per permettergli di tornare a camminare senza stampelle.
L’iniziativa degli arrivi umanitari è totalmente autofinanziata dalle organizzazioni che la hanno promossa, in particolare grazie all’8 per mille della chiesa valdese e ad altre raccolte fondi. “Oggi vediamo il volto più bello dell’Italia, un’Italia che accoglie e che si riscopre fondatore della Comunità europea basata sul principio di solidarietà – sottolinea Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di sant’Egidio –. Questo è un progetto ecumenico, in cui cattolici, evangelisti e valdesi si sono messi insieme per un progetto di umanità. A Roma oggi si apre la porta dell’umanità che permette alle persone non solo di viaggiare in sicurezza ma di avere un futuro nel paese. Queste persone sono qui per integrarsi, non per rimanere ai margini della società, per lavorare, per iscrivere i bambini nelle scuole. ”. Luca Mario Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche ha spiegato che l’idea dei corridoi umanitari è nata a Lampedusa, dove “scrutando il mare abbiamo pensato a mettere in pratica soluzioni differenti”. “Abbiamo ritenuto di doverci impegnare per la sicurezza di queste persone – aggiunge Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese – Questo di oggi è un Mar Rosso che si apre e fa passare i perseguitati. Anche se la guerra continua siamo riusciti ad aprire queste acque. E' un giorno da celebrare per la coscienza dei cristiani”. Oltre al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, a Fumicino era presente anche il sottosegretario Mario Giro che ha fatto da ponte tra le organizzazioni e il ministero per permettere di realizzare l’iniziativa. “Ci rendiamo conto che c’è bisogno di molto altro per accogliere le persone – sottolinea – ma questo è un progetto che sosteniamo e in cui crediamo, e continueremo a farlo”.
Soddisfazione è stata espressa anche per gli operatori dell'operazione Colomba dell'associazione Papa Giovanni XXIII. “Sono qui per poter avere una vita migliore e noi siamo felici per loro– sottolinea Gennaro Guidetti –anche se per tutti non è facile, alcuni di loro hanno lasciato lì i fratelli o altri familiari e sperano di potersi ricongiungere in futuro alle famiglie”. In tutto sono mille le persone che arriveranno in Italia attraverso questa iniziativa nei prossimi due anni. I paesi coinvolti nella prima fase sono il Libano (circa 600 persone) e il Marocco (150), nella seconda fase verrà coinvolta anche l’Etiopia (250 persone). Il progetto pilota verrà monitorato per poter essere poi replicato. I richiedenti protezione internazionale verranno accolti in diverse strutture a Roma e nel Lazio, in Emilia Romagno, in trentino e in Piemonte. (ec)