19 marzo 2014 ore: 12:36
Famiglia

Corte di Giustizia Ue: ''No al sussidio di maternità alle madri committenti''

Le madri che fanno ricorso a una madre surrogata per la loro impossibilità a concepire non hanno diritto al trattamento economico: lo stabiliscono due sentenze separate su due casi simili, uno di un’insegnante in Irlanda e l'altro di un’impiegata in un ospedale nel Regno Unito
Donne incinta, parto, gravidanza

BRUXELLES - Gli Stati membri Ue, non sono obbligati a garantire il sussidio di maternità alle madri committenti, ovvero a quelle madri che - per avere un bambino - facciano ricorso a una madre surrogata per la loro impossibilità a concepire autonomamente un figlio. Nonostante ciò, visto che la direttiva sulle lavoratrici gestanti stabilisce solo criteri minimi, i ventotto paesi dell’Unione Europea sono liberi di concedere tale sussidio se lo ritengono opportuno. A stabilire la non obbligatorietà del sussidio di maternità per le madri surrogate è stata la Corte Europea di Giustizia di Strasburgo, che ha emesso ieri due sentenze separate su due casi simili di un’insegnante  in Irlanda e un’impiegata in un ospedale  nel Regno Unito.

Le due donne hanno stipulato contratti di maternità surrogata rispettivamente in California e nel Regno Unito, e hanno chiesto di poter godere di un’indennità per la maternità o in alternativa di un sussidio di adozione. La Corte Europea, a cui le autorità nazionali si sono rivolte per chiedere un parere, ha deliberato che - nonostante i figli siano geneticamente delle rispettive madri committenti - non essendo mai state le due donne incinta, non hanno diritto al trattamento economico per la loro maternità, enanche nel caso in cui allattino i propri figli al seno.

La Corte di Strasburgo ha anche escluso che, la negazione del sussidio di maternità rappresenti una discriminazione sulla base dell’handicap o del sesso (discriminazioni proibite rispettivamente dalla Direttiva 2006/54/CE e 2000/78/CE). Infatti, neanche ai padri surrogati è concesso obbligatoriamente un riconoscimento economico per la paternità e, sebbene il fatto di non poter concepire autonomamente un figlio arrechi sofferenza a una donna, questo non può essere di per sé considerato un handicap per la sua vita professionale.

La Corte ha infine ricordato che la direttiva sulle lavoratrici gestanti si propone esplicitamente di proteggere le madri nella loro particolare situazione di gravidanza, una situazione che prevede una vulnerabilità, e quindi questa protezione e i conseguenti sussidi di carattere economico sono da intendersi solo per le donne che sono o sono state effettivamente incinta. (Maurizio Molinari)

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