Cosenza, l’accusa: "L’azienda sanitaria nega le cure essenziali ai richiedenti asilo”
COSENZA - Non hannoancora ricevuto alcuna risposta le associazioni e le cooperative di Cosenza che qualche giorno fa hanno inoltrato una missiva alla Regione Calabria, alla prefettura e all’azienda sanitaria provinciale di Cosenza. L’associazione “La kasbah”, l’ambulatorio medico
“Senza confini”, l’Auser e la cooperativa sociale “Strade di casa”, firmatari del documento, hanno chiesto agli organi istituzionali interpellati il motivo per cui, ormai da diverse settimane, “l’azienda sanitaria di Cosenza non rilasci le prescrizioni relative alle analisi ematologiche di base a favore dei migranti richiedenti asilo sprovvisti del modello c3 e quindi impossibilitati a iscriversi al Servizio sanitario nazionale”.
Associazioni e cooperative pongono il caso all’attenzione dell’opinione pubblica e precisano che “l’attuale legislazione sanitaria italiana per gli immigrati irregolari, prevede la richiesta del codice Stp per le cure urgenti e le cure essenziali”. Per “cure urgenti” si intendono “le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona; per tali prestazioni è previsto esonero dal ticket”.
Le “cure essenziali” sono “le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti). Tali cure comprendono prestazioni sanitarie, ambulatoriali di primo livello e specialistiche, da eseguirsi nelle strutture della medicina del territorio o dei presidi sanitari pubblici e privati accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale o ospedaliera”. Secondo la denuncia, quello che sta avvenendo da qualche tempo, all’interno dell’ufficio per il rilascio del codice Stp/Eni, è il rifiuto da parte dei medici preposti all’assistenza sanitaria dei cittadini irregolari a rilasciare le prescrizioni relative agli esami ematochimici, se non ritenuti urgenti.
“Tale rifiuto – spiegano associazioni e cooperative – viene motivato dagli operatori sanitari con un presunto costo eccessivo gravante sulle casse dello Stato. Tale disposizione non trova riscontro, tuttavia, in alcun provvedimento emanato dalla Regione Calabria. Non esiste, ad oggi, una delibera ufficiale essendo la stessa in fase di perfezionamento”. I sodalizi tengono ancora ad evidenziare: “Una tale prescrizione, al momento assolutamente arbitraria, rappresenta una violazione del diritto alla cura, alle prestazioni sanitarie essenziali e alla salute, ai danni dei richiedenti asilo presenti nel territorio provinciale cosentino.I bilanci dissestati da anni di cattiva amministrazione non possono e non devono penalizzare le componenti più deboli del sistema, tale disposizione appare assolutamente abusiva e illegittima”. I firmatari del documento ritengono che “la salute delle persone che approdano sul territorio italiano, eccessivamente provate dal percorso migratorio, dalla violenza, dalla tortura, dagli abusi, debba essere tutelata”. Pertanto, alle istituzioni preposte, si chiede “di emettere immediatamente una direttiva che imponga all’azienda sanitaria provinciale di Cosenza, il ripristino del diritto all’accesso alle cure sanitarie essenziali per i migranti in possesso del codice Stp e del codice Eni.
Le associazioni firmatarie chiedono, inoltre, alla prefettura cosentina di volere predisporre un tavolo interistituzionale alla presenza dei dirigenti dell’azienda sanitaria, per dibattere delle criticità relative all’accesso alle cure per gli immigrati presenti sul territorio di Cosenza. (msc)