Cosimo Rega, l’ergastolano ex camorrista che a teatro interpreta Borsellino
Cosimo Rega in una scena del film Cesare deve morire
Cosimo Rega in una scena del film Cesare deve morire |
ROMA – “Borsellino non era né un eroe né un kamikaze. Sapeva che di lì a poco sarebbe morto, ma sentiva il dovere di rispettare le istituzioni e continuò a lavorare. Penso spesso a una sua frase: ‘In ogni essere umano esiste il bene e il male, anche nei peggiori criminali. Ognuno ha in sé una scintilla di Dio, a noi il compito di farla risplendere”. Cosimo Rega è un attore della compagnia teatrale Stabile Assai del carcere di Rebibbia, composta da detenuti, ex detenuti, agenti di polizia penitenziaria e volontari. Cosimo Rega è un ex boss della camorra, oggi ergastolano: nel prossimo spettacolo della compagnia, “Il coraggio della legalità”, interpreterà Paolo Borsellino, magistrato assassinato con la sua scorta nell’attentato mafioso di via D’Amelio il 19 luglio 1992. “Il coraggio della legalità”, scritto a quattro mani proprio da Rega e da Antonio Turco – fondatore della compagnia e responsabile delle attività culturali presso la Casa di reclusione di Rebibbia – esordirà mercoledì 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, al teatro Ghione di Roma. Nel cast anche Angelo Calabria, ex membro della banda della Magliana e Francesco Rallo, ergastolano, ex mafioso.
“Questo spettacolo apre una riflessione tra bene e male – spiega Rega, 39 anni di carcere già alle spalle –. Racconta cos’è la mafia e qual è il vero senso dello Stato: Borsellino aveva un grande senso dello Stato. Per me è stata una sfida importante: mi ha spinto a capire perché uno studente di giurisprudenza scelga di fare il magistrato. Così, ho parlato con molti di loro e ho capito che hanno una grande passione, ma anche una grande sofferenza, la stessa sofferenza che ho ritrovato anche studiando la figura del giudice Borsellino. E io, che ho creato male, orfani e vedove, che ho mortificato il significato della parola libertà, interpretando Borsellino ho cominciato a conoscerne il vero significato. E ogni volta che lo porto in scena, sento un po’ di male allontanarsi da me”. Rega, tra i protagonisti anche di “Cesare deve morire”, film dei fratelli Taviani che nel 2012 ha vinto l’Orso d’oro al Festival del cinema di Berlino, racconta di come sia possibile sopravvivere al ricordo di quello che si è stati e di ciò che si è commesso: “Non posso dimenticare di essere stato un camorrista. Oggi, guardandomi indietro, vorrei prendere quel ragazzo e dirgli di fermarsi. Ma non posso, e oggi è giusto che io conviva con il rimorso”.
Cosimo Rega sul palco di Rebibbia |
La trasformazione da camorrista a ex camorrista comincia il giorno della sentenza all’ergastolo: “Sapevo che mi avrebbero dato l’ergastolo, e andai a ritirare la sentenza con arroganza. La presi, e tutto cambiò quando lessi il codicillo che il giudice aveva aggiunto in fondo”. In quel codicillo era specificato l’isolamento diurno, la perdita della potestà genitoriale, la cancellazione anagrafica dal Comune di residenza, la perdita dei diritti, l’affissione della sentenza alle porte del Campidoglio e la pubblicazione sul giornale: “Io, che fino ad allora avevo sempre voluto apparire, diventai in quel momento vittima proprio dell’apparire. Parlai con la mia famiglia, che non sapeva veramente cosa avessi fatto e nemmeno chi fossi. Mia figlia mi venne incontro e cominciò a parlarmi di quello che avremmo potuto fare in appello. Io la fermai e, per la prima volta, raccontai a lei, al fratello e a mia moglie tutto quello che avevo fatto. Vidi la delusione nei loro occhi e pensai di averli persi per sempre: fu quella la sentenza più dolorosa che potessi ricevere, e in quel momento decisi che sarei cambiato. Dissi a mia moglie che era libera, perché non volevo che anche lei scontasse la mia pena, ma lei rispose: ‘Credi che un muro di cinta possa dividere la nostra famiglia?’”.
In quell’istante cominciò la rinascita di Rega: sostenuto dall’affetto della famiglia, grazie all’aiuto di una psicologa, “mi sono scorticato l’anima e oggi posso dire di essere una persona diversa”. Cosimo Rega racconta dell’ottimo rapporto con i due figli e i tre nipoti, cresciuti nella legalità. Ogni giorno esce da Rebibbia prima delle 7, fa un pezzo di strada con la moglie per arrivare a Roma 3, dove lavora come portiere. Verso le 14, mangia quello che la moglie gli prepara quotidianamente. Nel pomeriggio, i laboratori di teatro per persone con disabilità. “Alle 19 torno a casa per la cena. Posso stare un’ora, poi rientro in carcere. Nei giorni festivi, invece, rimango a Rebibbia”.
“Il coraggio della legalità” è promosso dalla Direzione della Casa di Reclusione di Rebibbia ed è patrocinato e sostenuto dalla Direzione Nazionale dell’Aics, Associazione italiana cultura sport, ente di promozione sociale e sportiva che, da sempre, si occupa della gestione artistica ed economica della compagnia teatrale. La compagnia Stabile Assai è nata negli anni Ottanta con la convinzione che il teatro sia lo strumento ideale per favorire un percorso psicologico interiore: “Tutti i nostri spettacoli sono dedicati al tema della legalità – spiega Aics –: i nostri attori – detenuti, ex detenuti – devono lavorare duramente per portare in scena i loro personaggi perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di fare rivivere le loro vittime”. Dopo il debutto a Roma, questa estate lo spettacolo sarà in tour fino a fine agosto. (Ambra Notari)