Covid. Nursing up: 20 mila infermieri a rischio disturbi cronici
Roma - "Si stima che almeno 20mila infermieri italiani possano soffrire ancora oggi dei pericolosi e delicati sintomi del Long Covid. Disturbi del sonno, costante cambio di umore, ansia: si tratta di sintomatologie che potrebbero facilmente essere confuse, dai medici curanti, come dagli stessi professionisti della salute, come reazioni psico-fisiche derivanti dai turni massacranti e da una professione, lo ripetiamo da anni, decisamente usurante come la nostra, dove, tra orari prolungati, turni di notte e disorganizzazione strutturale ormai cronica degli ospedali, acuita dalla carenza di personale, i disagi per l'infermiere italiano sono all'ordine del giorno". Così in una nota Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
"Non dimentichiamo poi- afferma De Palma- i pugni e i calci inferti nelle corsie e i traumi derivanti dalle violenze subite dagli operatori sanitari. Le più colpite sono le donne, le nostre infermiere. Quante potrebbero risentire delle aggressioni con veri e propri traumi da cui è difficile uscire che si manifestano con vere e proprie patologie psichiche oltre che fisiche? Eppure, in migliaia di casi potremmo essere di fronte ai postumi delle infezioni da Coronavirus, reazioni che il nostro organismo accumula come vere e proprie e scorie e che dagli esperti vengono classificate come Long Covid. Lo abbiamo denunciato a gran voce nel recente passato, abbiamo fornito alla collettività numeri allarmanti, a partire da quelli degli infermieri contagiati, di fonte dell'Inail. Nessuna categoria di lavoratori, in Italia, ha pagato, psicologicamente e fisicamente, lo scotto della pandemia al pari degli infermieri".
"Secondo i dati ufficiali dell'Inail, ben 320mila infermieri sono stati infettati dal virus del Covid-19, dall'inizio della Pandemia fino a oggi. Ma quanti di questi, dovremmo davvero chiedercelo, soffrono degli effetti del Long Covid?", chiede De Palma.
"Secondo una indagine accurata a livello europeo, redatta in collaborazione con il Satse, il sindacato degli infermieri spagnoli, la media dei professionisti che nei Paesi Ue oggi soffre di postumi del contagio è di circa un sesto del totale dei contagiati. In Italia il numero attendibile è quello di almeno 20mila operatori sanitari, la maggior parte infermieri, che potrebbe essere alle prese con quella che è di fatto una vera malattia ma che, ahimè, non è considerata tale. Ci riferiamo al fatto che nel nostro Paese, così come in Spagna, i sintomi legati al Long Covid non sono considerati una malattia professionale. Le assenze direttamente legate al manifestarsi di una sindrome Long-Covid, sono oggi equiparate, in Italia, alla malattia comune, sia per il trattamento economico, sia per il trattamento normativo. A carico del lavoratore interessato ci saranno gli obblighi di certificazione, con la dovuta attenzione agli oneri di avviso e preavviso immediato in caso di assenze".
Ancora: "Abbiamo deciso- dice ancora De Palma- di non fermarci qui, e abbiamo preso contatti con i vertici di LCD4A per capire se è possibile, in Italia, cominciare a implementare analoghi piani risolutivi, avviando di fatto una sinergia tra i nostri professionisti della salute che denunciano questi allarmanti sintomi e quanti negli Usa già ne soffrono e hanno dato vita a questo gruppo, dove di fatto migliaia professionisti denunciano di veder compromessa per sempre la propria attività lavorativa. L'obiettivo primario è quindi quello di avviare, da parte nostra, un approfondito report per capire quanti infermieri italiani oggi sono sul punto di chiedere il pensionamento anticipato, quanti hanno dato le dimissioni o stanno pensando di farlo, quanti sono in malattia lunga, pesando non poco con la loro assenza sugli equilibri già precari di pronto soccorsi e reparti nevralgici. Non dimentichiamo che, nei casi peggiori, i sintomi del Long Covid si traducono in possibili disturbi cardiaci, emicrania cronica, tremore e anche nella cosiddetta 'nebbia cognitiva' che conduce a problemi di memoria di non poco conto. E' chiaro che infermieri in queste condizioni non possono più svolgere la propria professione in modo idoneo, ed è chiaro che tutto questo ricade sulla salute dei pazienti, e sui carichi di lavoro assistenziali in generale. L'Italia ha bisogno degli infermieri, non smetteremo mai di ribadirlo: infermieri appagati dal punto di vista della valorizzazione economico-contrattuale nelle loro legittime aspirazioni, infermieri in buona salute, fisica e psichica, non esposti al rischio di errori che possono ricadere sui pazienti, a causa di ansia, stress, insonnia. Il sistema sanitario italiano, già febbricitante, non può permettersi di perdere ulteriore colpi ed è palese che il nostro Ministero della Salute debba, di concerto con l'Inail , per come la vediamo noi, valutare la possibilità che i sintomi del Long Covid siano classificati tra le malattie professionali, rispetto alle quali va prevista una indennità. Siamo o non siamo i professionisti che più di tutti, a contatto con i malati, hanno contratto l'infezione sul luogo di lavoro? Nessuno osi dimenticarlo", conclude De Palma.
(DIRE)