11 febbraio 2021 ore: 12:58
Disabilità

Covid, ospedali e disabilità: a Catania firmato il protocollo per la presa in carico

di Chiara Ludovisi
L'intesa tra il Policlinico e il comitato consultivo aziendale, in rappresentanza delle associazioni di pazienti con disabilità prevede, tra l'altro, l'accesso di un familiare per assistere persone non collaboranti per disabilità fisica o mentale
Foto da Agenzia DIRE Ospedale - interno terapia intensiva

ROMA – Il caregiver potrà restare accanto al paziente Covid con disabilità non collaborante, per collaborare nell'assistenza e nella presa in carico: è una delle misure previste dal protocollo siglato due giorni fa a Catania, tra l’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “G. Rodolico-S.Marco” e il Comitato Consultivo Aziendale, in rappresentanza delle associazioni di pazienti con disabilità.

Il documento, fortemente voluto dalle associazioni di volontariato, ha trovato terreno fertile all’interno dell’azienda, che in passato ha avuto esperienza di casi come quelli da oggi regolamentati grazie al protocollo.

Proprio al Policlinico di Catania era stata ricoverata Valeria Scalisi, giovane donna con sindrome di Down, prima al pronto soccorso e poi trasferita in rianimazione per le gravi condizioni di salute. E lì era morta, senza la vicinanza di un familiare, poiché le regole di sicurezza anticovid dettate dalla normativa non prevedevano, anche in casi come quello, la presenza di un parente. Il protocollo serve proprio a scongiurare che episodi drammatici come questo debbano ripetersi e a rispondere alle richieste che, da più parti e fin dall'inizio della pandemia, arrivano dai familiari delle persone con disabilità.

La procedura introdotta dal documento prevede un’analisi preliminare, per valutare l’appropriatezza della presenza del familiare in un ambiente fortemente a rischio Covid, attraverso un apposito test (test di Pfeiffer) in relazione alla tipologia di disabilità del paziente, al grado di autonomia e alla sua collaborazione alle cure prestate. Viene considerata anche la disponibilità del parente caregiver a rispettare le precauzioni raccomandate e a utilizzare i dispositivi di protezione individuali con le modalità impartite dagli operatori sanitari, per ciò che riguarda la vestizione e svestizione: tutte regole esplicitate nel protocollo.

A valutare l’opportunità e la necessità della presenza del familiare è il direttore dell’unità operativa che ha in cura il paziente disabile. Una volta autorizzato, il familiare riceverà apposita formazione sulle norme igieniche e di comportamento per evitare il contagio: per tutta la durata della degenza sarà dunque sempre lo stesso familiare ammesso a supportare il paziente fragile, che sarà anche segnalato all’Asp. Prima dell’ingresso nella struttura sanitaria, il caregiver sarà sottoposto a tampone rapido e alla misurazione della temperatura. La presenza del familiare sarà consentita con modalità e regole differenti, a seconda che il paziente si trovi al pronto Soccorso, o in un reparto di degenza Covid o non Covid o in rianimazione: in ogni caso sarà garantito, nelle diverse situazioni, un supporto psicologico al familiare, per aiutarlo nella gestione della sofferenza e facilitare la mediazione e il rapporto con la struttura sanitaria.

Soddisfatto il direttore generale Gaetano Sirna che ha espresso “piena disponibilità e appoggio a questo importante percorso di miglioramento dell’umanizzazione delle cure in azienda, ad oggi fortemente ostacolato dal virus, a favore delle categorie più deboli e fragili, cui bisogna erogare le cure sanitarie, ma anche assicurare le condizioni migliori perché queste siano efficaci. Ovviamente la presenza di un familiare – aggiunge - può costituire un grosso stimolo sia per il paziente, che si sentirà meno solo, sia per la struttura, che avrà comunque nel parente un alleato nella gestione delle cure”.

Per il presidente del Comitato consultivo, Pieremilio Vasta, “il protocollo per la presa in cura di pazienti con disabilità intellettiva, in questa fase di emergenza pandemica, è frutto concreto dell'integrazione del comitato, che rappresenta il cittadino, all'interno della governance dell'azienda, a sussidio del suo miglioramento continuo. L'accordo giunge a seguito della tristissima vicenda di Valeria – ricorda - che non abbiamo dimenticato: perché la sua tragica disperazione non accada ad altri. Ringrazio tutti quanti hanno collaborato alla redazione del percorso assistenziale ed in particolare Salvatore Mirabella, presidente dell'associazione Come ginestre onlus e componente del comitato consultivo aziendale del Policlinico”. che per primo ha posto l'esigenza”.

Da parte sua, Mirabella definisce questo protocollo “un atto di civiltà, rispetto al quale non ci si poteva più tirare indietro, oggi che conosciamo meglio il virus. È doveroso non solo che questo protocollo venga messo in atto, ma anche che, a livello regionale, siano date indicazioni operative a tutte le strutture del territorio e le aziende sanitarie, come segno concreto di attenzione alle persone più fragili. Fondamentale è, in questo percorso, il rapporto con le altre associazioni di volontariato, che è stato centrale anche nel raggiungimento di questo obiettivo. Ancora una volta diciamo che da soli non si va da nessuna parte, ma se ci mettiamo insieme per un obiettivo comune, questo ci aiuta a raggiungere il traguardo. Il nostro lavoro non finisce – conclude Mirabella – perché crediamo che l'assessorato regionale alla Sanità debba necessariamente dare indicazioni attuative valide per tutta la regione siciliana, come ha fatto la regione Lazio su sollecitazione delle associazioni locali”.

”.

Si dice “commossa” Elena Improta, che con l'associazione Oltre lo sguardo da quasi un annosi batte per il riconoscimento di percorsi assistenziali dedicati e personalizzati per i pazienti Covid non collaboranti: “Sono commossa per questo risultato. Abbiamo sostenuto l'associazione siciliana, che si è rivolta a noi per avere indicazioni in merito all'elaborazione del protocollo, sulla traccia di quello che avevamo scritto noi per il Lazio. Abbiamo dato loro documenti, consigli, avviando un lavoro di rete con tutte le nostre associazioni che si sono battute con noi nel Lazio. Sapere che abbiamo potuto stare vicino a questa onlus di Catania mi commuove, se penso alle tante persone con disabilità che sono morte in completa solitudine. Abbiamo aperto una piccola strada per una vicinanza e un principio fondamentale come quello del ruolo del caregiver”.

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