Crescono i minori stranieri in Sicilia, figli di famiglie stanziali. Il problema accoglienza
PALERMO - Crescono i minori stranieri in Sicilia figli di famiglie stanziali che lavorano. 30 mila sono i bambini e ragazzi che, infatti, frequentano regolarmente le scuole di ogni ordine e grado provenienti per gran parte da Tunisia, Romania e Marocco. A crescere è anche il saldo tra gli immigrati assunti rispetto ai licenziati in un mercato lavorativo siciliano che, però, risulta ancora precario. Sono alcuni dei risultati del dossier immigrazione curato da Idos, presentato questa mattina presso l'istituto di formazione politica Pedro Arrupe.
Gli immigrati presenti nell'Isola sono 183.192 mila e rappresentano il 3,6% del totale della popolazione. Palermo mantiene il primato ospitando 36.980 mila immigrati. I titolari di un permesso di soggiorno sono circa 114 mila di cui il 43,8% sono permessi di lungo soggiorno segno della precarietà che caratterizza la presenza migratoria in regione. La Sicilia ha una spiccata prevalenza nell'occupazione lavorativa degli uomini rispetto alle donne: il 36,6% sono donne rispetto al 45,9% di uomini. Con 54.742 occupati il settore lavorativo maggiore è quello dei servizi, segue l'agricoltura con 22.899 occupati rispetto all'industria con 15.662 mila. A fronte di una riduzione del lavoro dipendente, nel periodo compreso tra il 2011 ed il 2015, le aziende a conduzione immigrata sono cresciute in Sicilia del 21,6%.
“Il dossier consolida sempre di più il bisogno forte di diffondere la giusta informazione sul tema dell'immigrazione che allontani paure e pregiudizi che possono sfociare in vere e proprie intolleranze - afferma nel suo saluto Nicoletta Purpura direttrice dell'istituto di formazione politica Pedro Arrupe -. A nulla serve fermare oggi i flussi migratori che continueranno a muoversi in cerca di un futuro diverso. Ricordiamoci che non sono numeri ma persone che hanno una storia a cui deve essere data la giusta dignità".
“La Sicilia si è resa protagonista di un binomio particolarmente significativo - spiega Antonella Elisa Castronovo, referente della parte siciliana del rapporto Idos - fatta di stabilità e transitorietà. Accanto al flusso migratorio di chi arriva per la richiesta di protezione internazionale, c'è una componente migratoria più stabile fatta da famiglie che mostra dei segni di progressivo radicamento. Interessante è sotto questo aspetto l'incremento dei minori stranieri che è la componente più significativa fatta di ragazzi che vanno a scuola e che vivono in famiglie che lavorano".
"Un altro dato significativo è l'incremento della popolazione straniera stabile, che è pari al 5,2% pari ad una crescita di circa 9 mila unità da collegare sempre alla presenza dei nuovi nati. C'è pure l'inserimento nel mercato del lavoro siciliano che rimane però ancora piuttosto precario. I settori maggiormente rappresentati sono quelli dei servizi del terziario come lavoro domestico, assistenza e cura della persona e ristorazione con un incremento dei lavori nel settore dell'agricoltura. Positivo è anche il saldo dei migranti che sono stati licenziati rispetto a quelli assunti. Negli anni della crisi economica, dal 2011 al 2014, il saldo è stato sempre negativo. Adesso invece dal 2015 la tendenza si è invertita grazie soprattutto all'apporto dato al settore dell'agricoltura".
“Purtroppo in tema di flussi migratori siamo in una situazione ancora troppo emergenziale dove gli hotspot rischiano di diventare centri di detenzione o luoghi di trattenimento amministrativo non autorizzato dalla legge - spiega l'esperto in diritti umani, Fulvio Vassallo Paleologo -. La procedura di identificazione per molti oggi è legata più che altro all'avvio delle pratiche di espulsione e di respingimento. Tutto ciò alimenta purtroppo una fabbrica di 'clandestinità' che parte già nelle aree portuali quando si selezionano i migranti, attribuendo la qualifica di migrante economico senza che sia possibile accedere alle procedure di asilo. Le responsabilità a livello locale continuano ad essere quindi notevoli. Il sistema si può però migliorare rispettando la legge e soprattutto prevedendo che nei luoghi attrezzati di sbarco, definiti hotspot, la permanenza massima debba essere di 24 ore ai fini della prima identificazione, favorendo i trasferimenti rapidi in tutte le regioni e in tutti i comuni con una risistemazione dell'accoglienza che tenga conto dell'effettiva presenza degli immigrati sul territorio. Occorre inoltre che la relocation non sia più soltanto un proclama sulla carta ma che le persone arrivate in Sicilia vengano redistribuite in altri paesi europei. Più di 4 mila persone sono, infatti, 'parcheggiate' nei centri di accoglienza in attesa di un ricollocamento che di fatto i paesi europei non concedono".
"La Sicilia come il resto d'Italia ha ancora un accoglienza non adeguata caratterizzata da un sistema che rende i migranti delle persone invisibili da tutti i punti di vista - sottolinea Alberto Biondo di Borderline Sicilia -. Mancano ancora nei centri, nella gran parte dei casi, mediatori culturali e linguistici adeguati che dovrebbe essere lo strumento basilare per una vera accoglienza fatta di diritti e doveri. Un altro dramma continua ad essere che solo il 30% dei migranti ottiene la richiesta d'asilo rispetto a tutti gli altri che rimangono fuori dai centri a girovagare senza alcun diritto, in una sorta di 'illegalità' creata dallo stesso sistema. Alta anche la percentuale di fallimenti Sprar, dove i migranti anziché uscire ed inserirsi nella società rimangono alla fine anche loro senza punti di riferimento". (set)