Crisi in Ue, allarme povertà in 7 paesi "deboli". Caritas: rispondere con il poverty proof
ROMA - Sottoporre ciascun provvedimento al "poverty proof", ovvero una valutazione dell'impatto sui poveri dei provvedimenti pubblici: è questa - insieme ad investimenti in progetti sociali, sanitari, educativi e ambientali e a un welfare solido - la ricetta proposta dal terzo rapporto "Poverty and inequalities on the rise" sull'impatto della crisi economica in sette “paesi deboli” dell’Unione Europea (Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda, Romania, Cipro), curato da Caritas Europa e presentato questa mattina a Roma.
"Le misure di austerità con cui le istituzioni europee hanno reagito alla crisi hanno incrementato il tasso di indigenza nei paesi del Sud d'Europa", ha affermato Walter Nanni, Responsabile Ufficio Studi della Caritas Italiana. "In Italia in particolare l'aumento dell'Iva ha colpito i più poveri" ha aggiunto. Nanni ha sottolineato come alcuni tagli ai servizi sanitari sono sono stati da subito evidenti nelle strutture Caritas e altri saranno visibili tra alcuni anni. In particolare ha sottolineato come negli ultimi anni il 10% degli utenti Caritas oggi chiede servizi sanitari che pochi anni fa erano forniti dallo stato. "Le conseguenze dei tagli all'istruzione - afferma il responsabile dell'Ufficio studi della Caritas - si vedranno tra qualche anno".
Il rapporto di Caritas Europa evidenzia come nei sette paesi caso-studio tutti gli indicatori di disoccupazione sono molto superiori alla media europea: il tasso di disoccupazione è del 16,9 per cento contro il 10,8 per cento dell'Ue a 28; il tasso di disoccupazione di lungo periodo è del 55,9 per cento contro il 49,4 dell'Ue; il tasso di disoccupazione giovanile è del 40,2 per cento, quasi il doppio dell'Ue (23,4 per cento). In Italia, nel 2013, il tasso di disoccupazione generale è stato inferiore alla media dei sette paesi deboli (12,2 per cento), ma superiore alla media europea, mentre la disoccupazione giovanile appare più grave della media europea (40% dei 15-24enni). Abbiamo la situazione più preoccupante in Europa per l'alta percentuale di Neat – giovani che non studiano e non lavorano – che è arrivata al 22,2 per cento.
In tema di povertà e di esclusione sociale, si evidenzia un’Europa due velocità: alla fine del 2013 il 24,5 per cento della popolazione europea era a rischio di povertà o esclusione sociale. Nei sette paesi presi in esame lo stesso fenomeno coinvolge il 31 per cento della popolazione residente, (+6,5 punti percentuali rispetto alla media europea). L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4 per cento). Il valore molto elevato della Romania (40,4 per cento) dimostra come anche in presenza di alti tassi di occupazione la povertà possa comunque essere rilevante. Il numero di persone che vive in famiglie quasi totalmente prive di lavoro è aumentato in tutti i paesi caso-studio (fatta eccezione per la Romania): erano il 12,3 per cento nel 2012 e sono diventate il 13,5 per cento nel 2013, mentre la media europea era pari al 10,5 nel 2012 e al 10,7 per cento nel 2013.
Jorge Muno Mayer, segretario generale di Caritas Europa ha affermato come l'organizzazione chiede alle istituzioni comunitarie "innanzitutto il rispetto delle promesse fatte", come l'obiettivo del programma decennale Europa 2020, di avere 2 milioni poveri in meno nell'Ue, mentre dal 2010 ad oggi vi sono 4 milioni di poveri in più, concentrati nei 7 paesi deboli oggetto dell'indagine. (lj)